La peggiore estinzione di massa di sempre causata da cambiamento climatico e fioriture di alghe tossiche?

La crisi del Permiano mostra preoccupanti somiglianze con quella attuale

Due nuovi studi pubblicati su Nature Communications e Geology da ricercatori svedesi, statunitensi e australiani, identificano un nuova causa dell’estinzione di massa durante eventi di riscaldamento estremo: il fitoplancton tossico.

Alla fine del Permiano, il cambiamento climatico, legato all’estinzione di massa, è stato estremamente rapido con un aumento della temperatura fino a 14 gradi. Il terreno è praticamente bruciato e i nuovi studi dimostrano che  quando il mondo è stato colpito dalla peggiore estinzione di massa nella storia della vita, «L’acqua nei laghi e nei fiumi si è trasformata in un fango microbico tossico».

L’estinzione di massa alla fine del Permiano, 252 milioni di anni fa, è stata collegata alle gigantesche emissioni di gas serra dei vulcani. L’aumento dei livelli di anidride carbonica e metano nell’atmosfera portò a un riscaldamento globale estremo e alla perdita di quasi tutte le specie che vivevano negli oceani e sulla terraferma.

Ora si scopre che nemmeno i laghi e i fiumi erano rifugi per gli animali del Permiano.  I ricercatori spiegano che «In un ecosistema sano, alghe microscopiche e cianobatteri forniscono ossigeno alla fauna acquatica attraverso la fotosintesi, ma quando crescono in modo incontrollato, questi microbi utilizzano grandi quantità di ossigeno e rilasciano anche tossine nell’acqua».  Lo studio “Lethal microbial blooms delayed freshwater ecosystem recovery following the end-Permian extinction”, pubblicato su Nature Communications  ha  esaminato i cambiamenti chimici nei fossili e nei sedimenti nelle rocce depositate durante la grande estinzione di massa del Permiano, in quella che oggi la costa nei dintorni di Sydney, in Australia, scoprendo che si erano verificati diversi boom di fioriture algali.  Gli scienziati dicono che «La prima evidenza di fioriture algali si ha poco dopo le prime emissioni vulcaniche legate all’estinzione del Permiano. Una volta estinta la maggior parte degli animali bentonici, non c’era nulla che potesse tenere sotto controllo i microbi e laghi e fiumi si sono riempiti di alghe e batteri, che potevano ritardare il recupero degli ecosistemi fino a milioni di anni».

Gli ingredienti principali per questo tipo di zuppa tossica sono l’aumento delle emissioni di gas serra e le alte temperature, a cui hanno contribuito i vulcani. Lo studio “Pace, magnitude, and nature of terrestrial climate change through the end-Permian extinction in southeastern Gondwana” pubblicato su Geology dimostra che il sistema climatico aveva assunto una forte variabilità stagionale, con periodi di intense precipitazioni intervallati da periodi di siccità prolungata. Il team di ricercatori dimostra che la temperatura media era aumentata per un breve periodo e che dopo il disastro era fino a 14°C più calda. L’aumento della temperatura ha portato a una siccità diffusa, che ha ritardato il recupero della biodiversità terrestre.

Il terzo ingrediente per le estese fioriture algali è un maggiore apporto di sostanze nutritive e a questo ha contribuito la morte improvvisa degli alberi: «Quando le foreste sono morte, le sostanze nutritive sono state trasportate dal suolo nei fiumi e nei laghi, contribuendo così alla fioritura delle alghe».

Soprattutto dopo la pubbòicazione dell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che conferma il fortissimo impatto delle attività antropiche sul riscaldamento globale, si possono tracciare preoccupanti parallelismi tra il cambiamento climatico odierno e l’estinzione di massa del Permiano. I ricercatori evidenziano che «Il caldo favorisce la diffusione di alghe e microbi termofili. In combinazione con un afflusso di sostanze nutritive provenienti dall’inquinamento idrico, principalmente dall’agricoltura e dalla deforestazione, ha portato a un forte aumento delle alghe tossiche. Le conseguenze sono: morte di massa di pesci, gravi effetti sulla salute di esseri umani, animali domestici e bestiame e un costo annuale per la società di miliardi di dollari».

Uno degli autori di entrambi gli studi, Tracy Frank  dell’università del Nebraska – Lincoln, evidenzia che «Stiamo assistendo a fioriture sempre più tossiche di alghe nei laghi e negli ambienti marini poco profondi che sono legate all’aumento della temperatura e ai cambiamenti nelle comunità vegetali che stanno portando ad un aumento dei contributi di nutrienti agli ambienti di acqua dolce. Quindi,  ci sono molti paralleli con oggi. Il vulcanismo era una fonte di CO2 in passato, ma sappiamo che il tasso di CO2 di ingresso che è stato osservato allora era simile al tasso dell’aumento di CO2 che stiamo vedendo oggi a causa di effetti antropici. Possiamo avere un’idea di quanto il clima è cambiato in passato, quali sono gli estremi, quanto velocemente può cambiare, quali sono le cause del cambiamento climatico e questo ci offre uno buono sfondo per capire cosa sta succedendo oggi».

Un co-autore degli studi, Chris Fielding, anche lui dell’università del Nebraska, «La fine del Permiano è uno dei posti migliori per cercare parallelismi con ciò che sta accadendo ora. L’altro grande parallelo è che l’aumento della temperatura alla fine del Permiano ha coinciso con un massiccio aumento degli incendi boschivi. Una delle cose che ha distrutto interi ecosistemi è stato il fuoco, e lo stiamo vedendo proprio ora in posti come la California. C’è da chiedersi quali siano le conseguenze a lungo termine di eventi del genere man mano che si stanno diffondendo sempre di più».

Una delle autrici di entrambi gli studi, la paleobiologa svedese Vivi Vajda del Naturhistoriska riksmuseets, fa notare che «I risultati cruciali degli studi attuali dimostrano che il cambiamento climatico alla fine del Permiano è stato molto pronunciato e ha portato a lunghi periodi di siccità e che gli effetti delle fioriture algali possono permanere per un tempo estremamente lungo, anche per decine di migliaia di anni. Tuttavia, a differenza delle antiche estinzioni di massa, oggi abbiamo l’opportunità di prevenire queste fioriture algali tossiche prendendoci cura delle nostre foreste e limitando le emissioni di nutrienti e gas serra».

Fielding  conclude: «La cosa spaventosa è che siamo abituati a pensare in termini di tempo in anni, forse decine di anni, se siamo davvero avventurosi. Per riprendersi dall’evento di estinzione di massa di fine Permiano ci sono voluti 4 milioni di anni. Questo fa riflettere».

Fonte: greenreport.it

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