Clima: se continuiamo così, dopo il 2100 la Terra diventerà aliena per gli esseri umani?
«I prossimi 500 anni e oltre cambieranno la Terra in modi che metteranno alla prova la nostra capacità di mantenere molti elementi essenziali per la sopravvivenza»
Ci sono molti rapporti basati su ricerche scientifiche che parlano degli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici – come l’aumento dei livelli di gas serra, delle temperature e del livello del mare – entro il 2100. L’ Accordo di Parigi ci impone di limitare entro la fine del secolo il riscaldamento a meno di 2,0 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali. Dal 1990 in poi, con i suoi assessment reports e special reports l’Intergovernmental Panel on Climate Change’s (IPCC) valuta i nostri “progressi” e mostra dove siamo arrivati, cosa bisognerebbe fare per raggiungere i nostri obiettivi e ci mostra cosa dovremmo fare entro il 2100 per salvare il mondo da una catastrofe climatica, umana, economica ed ecologica imminente, avvisandoci anche su cosa succederò se non ci riusciremo.
La recente vlutazione One sui Nationally Determined Contributions (NDC) avverte che, messi tutti insieme, gli impegni presi dai governi del mondo ci porteranno comunque entro il 2100 verso un riscaldamento globale molto pericoloso di 2,7° C, cioè con più mega-incendi, tempeste, siccità, inondazioni e andate di caldo senza precedenti, con un profondo cambiamento degli ecosistemi terrestri e marini.
Anche se alcune proiezioni climatiche a lungo termine vadano oltre il 2100, non vengono prese in considerazione nell’adattamento climatico tradizionale e nei negoziati climatici in corso. Una cosa abbastanza sorprendente, visto che le persone nate oggi avranno meno di 80 anni entro il 2100. Nessuno sembra chiedersi cme sarà il mondo per i loro figli e nipoti.
Il team di ricercatori canadesi e britannici autori del recente studio “Climate change research and action must look beyond 2100”, pubblicato su Global Change Biology , sono convinti che «Per comprendere, pianificare e comunicare l’intera portata spaziale e temporale degli impatti climatici in qualsiasi scenario, anche quelli che rispettano l’Accordo di Parigi, ricercatori e responsabili politici devono guardare ben oltre l’orizzonte del 2100». Per questo sintetizzano il loro studio su The Conversation rispondendo a due domande: «Nel 2100 il clima smetterà di riscaldarsi? Se no, cosa significa questo per gli esseri umani ora e in futuro?».
I ricercatori guidati da Christopher Lyon della McGill University spiegano che «Abbiamo eseguito proiezioni del modello climatico globale basate sui Representative Concentration Pathways (RCP), che sono “proiezioni dipendenti dal tempo delle concentrazioni di gas serra atmosferici (GHG)“. Le nostre proiezioni hanno modellato scenari di mitigazione bassa (RCP6.0), media (RCP4.5) e alta (RCP2.6, che corrisponde all’obiettivo dell’accordo di Parigi “ben al di sotto dei 2 gradi Celsius”) fino all’anno 2500. Per avere un’idea del tipo di sfide ambientali a cui i bambini di oggi e i loro discendenti potrebbero dover adattarsi dal XXII secolo in poi, abbiamo anche modellato la distribuzione della vegetazione, lo stress termico e le condizioni di crescita per le nostre attuali principali piante coltivate».
Da questo modello è venuto fuori che «Le temperature medie globali continueranno ad aumentare oltre il 2100 all’interno dei RCP4.5 e 6.0. In tali scenari, la vegetazione e le migliori aree di coltivazione si spostano verso i poli e l’area adatta per alcune colture si riduce. Luoghi con una lunga storia di ricchezza culturale ed ecosistemica, come il bacino amazzonico, potrebbero diventare aridi».
Inoltre il team di ricercatori ha scoperto che «Lo stress da calore può raggiungere livelli fatali per gli esseri umani nelle regioni tropicali che sono attualmente altamente popolate. Tali aree potrebbero diventare inabitabili. Abbiamo scoperto che, anche in scenari di alta mitigazione, il livello del mare continua a salire a causa dell’espansione e della miscelazione dell’acqua negli oceani in fase di riscaldamento».
Su The Conversation gli autori dello studio evidenziano che «Sebbene i nostri risultati si basino su un modello climatico, rientrano nella gamma delle proiezioni di altri studi e aiutano a rivelare la potenziale grandezza dello sconvolgimento climatico su scale temporali più lunghe».
Per fare un quadro veritiero di come potrebbe apparire un mondo a bassa attenuazione/caldo elevato rispetto a quello che abbiamo vissuto fino ad ora, gli scienziati hanno utilizzato le loro proiezioni e le loro diverse competenze di ricerca per realizzare 9 quadri che coprono un migliaio di anni (1500, 2020, e 2500) riguardanti l’Amazzonia, il Midwest Usa e il subcontinente indiano. Le immagini per il 2500 sono incentrate sulle proiezioni RCP6.0 e includono versioni leggermente avanzate ma riconoscibili delle tecnologie odierne.
In Amazzonia si è passati rapidamente dai villaggi indigeni autosufficienti, con accesso al fiume e alle risorse forestali, di prima della conquista coloniale (1500 dC) alla situazione attuale che vede i nativi americani confinati in riserve e l’Amazzonia assediata ed erosa da attività agricole e minerarie su vasta scala. La previsione per il 2500 è quella di un territorio arido e con un livello dell’acqua basso dovuto al declino della vegetazione, con infrastrutture sparse o degradate e un’attività umana minima.
Nel Mid West Usa la situazione trovata dai colonizzatori europei era formata da città e comunità indigene con edifici e un’agricoltura diversificata basata sul mais. Nella stessa area, oggi c’è una monocoltura di grano e grandi macchine mietitrici. Lo scenario del 2050 mostra un adattamento agricolo a un clima subtropicale caldo e umido, con un’agroforestazione subtropicale basata su palme da olio e succulente delle zone aride. Le coltivazioni sono curate da droni AI, con ridotta presenza umana.
Per il subcontinente indiano, il modello prevalente nel 1500 era quello del villaggio agricolo caratterizzato da piantagioni di riso, utilizzo del bestiame e vita sociale. Attualmente c’è un mix tra la tradizionale coltivazione del riso e le moderne infrastrutture presenti in molte aree del Sud del mondo. Il futuro sarà fatto di tecnologie adattive al cado, tra cui l’agricoltura robotica e gli edifici ecologici con una presenza umana minima a causa della necessità di dispositivi di protezione individuale.
Un mondo terribile, dove l’umanità più che vive sopravvive grazie alla tecnologia in un pianeta che ha sfigurato.
I ricercatori concludono: «Tra il 1500 e oggi abbiamo assistito alla colonizzazione e alla rivoluzione industriale, alla nascita di Stati, identità e istituzioni moderne, alla combustione di massa di combustibili fossili e al conseguente aumento delle temperature globali. Se non riusciamo a fermare il riscaldamento climatico, i prossimi 500 anni e oltre cambieranno la Terra in modi che metteranno alla prova la nostra capacità di mantenere molti elementi essenziali per la sopravvivenza, in particolare nelle culture storicamente e geograficamente radicate che ci danno significato e identità. La Terra delle nostre proiezioni high-end è estranea agli esseri umani. La scelta che abbiamo di fronte è quella di ridurre urgentemente le emissioni, pur continuando ad adattarci al riscaldamento al quale non possiamo sfuggire a causa delle emissioni emesse fino ad ora, o cominciare a considerare la vita su una Terra molto diversa da questa».
Fonte: www.greenreport.it