James Webb scopre il suo primo esopianeta simile a Saturno: TWA 7b

Il telescopio spaziale James Webb (JWST) ha firmato una delle sue imprese più suggestive: ha immortalato per la prima volta un esopianeta grazie a un’osservazione diretta. Si tratta di TWA 7b, un gigante gassoso paragonabile a Saturno, che orbita intorno a una stella giovanissima, circondata da un disco di gas e polveri cosmiche.
Questa scoperta segna un passo decisivo verso una comprensione più profonda dei sistemi planetari extrasolari. Con l’aiuto di strumenti sofisticati come il coronografo, il JWST è riuscito a rilevare la tenue luce di questo mondo nascosto, posizionato tra gli anelli del disco che circonda la stella madre, TWA 7.
In attesa di una conferma definitiva, i dati raccolti convergono verso un’unica direzione: TWA 7b esiste davvero, e potrebbe rappresentare solo l’inizio di una nuova epoca nell’esplorazione dei pianeti extrasolari.
TWA 7b: un nuovo esopianeta osservato direttamente dal James Webb
Con TWA 7b, il James Webb Space Telescope aggiunge un altro gioiello alla sua breve ma brillante carriera. È infatti il primo esopianeta mai osservato direttamente da questo telescopio, un traguardo che segna un punto di svolta nelle tecniche di osservazione astronomica.
Questo pianeta orbita a una distanza considerevole dalla sua stella madre: circa 52 volte quella che separa la Terra dal Sole. Una posizione così periferica lo rende perfetto per essere individuato senza la forte interferenza della luce stellare.
TWA 7b si trova immerso in un disco protoplanetario, ovvero quella fascia di materia primordiale da cui nascono i pianeti. Un ambiente ricco di polveri e gas, ancora in piena fase evolutiva. La stella che lo ospita, TWA 7, ha appena 6,4 milioni di anni: una frazione minuscola dell’età del nostro Sole. In questi ambienti così giovani, i pianeti lasciano tracce evidenti del loro passaggio: scalfiscono la materia e formano anelli e fessure.
È proprio in una di queste fessure che il JWST ha rilevato una fonte luminosa inedita. Oscurando la luce della stella con il coronografo, ha individuato un debole segnale tra il primo e il secondo anello del disco. Secondo le simulazioni teoriche, quel segnale è compatibile con un gigante gassoso delle dimensioni di Saturno.
La conferma ufficiale è ancora in corso, ma per molti ricercatori il quadro è già chiaro: si tratta davvero di un nuovo mondo, osservato direttamente come mai prima d’ora.

Questa immagine combina i dati del VLT (Vulnerable Large Telescope) dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) a terra e del MIRI (Mid-Infrared Instrument) del JWST. La luce della stella è stata bloccata e il blu mostra la posizione del disco attorno alla stella. La macchia arancione è TWA 7b all’interno del disco. Credito immagine: ESA, NASA, CSA, Anne-Marie Lagrange (CNRS, UGA), Mahdi Zamani (ESA/Webb)
La collaborazione con ALMA: da indizi a conferme
Prima dell’arrivo del JWST, il sistema TWA 7 era già sotto osservazione grazie all’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), uno dei radiotelescopi più avanzati al mondo, posizionato sulle Ande cilene. ALMA aveva individuato strutture ad anello nel disco della stella, lasciando supporre che ci fosse qualcosa – forse un pianeta – a influenzarne la forma.
Tuttavia, queste erano solo prove indirette. Come se gli scienziati stessero seguendo le tracce lasciate da un passaggio recente, ma senza vederne il responsabile. Serviva uno strumento capace di andare oltre. Ed è stato proprio il James Webb a colmare questa lacuna, grazie alla sua sensibilità all’infrarosso medio.
Con le osservazioni del telescopio spaziale, quel sospetto ha assunto forma concreta. Il punto luminoso rilevato si trova esattamente nella regione in cui ALMA aveva notato anomalie, fornendo una prova diretta che rafforza tutte le ipotesi precedenti.
Questa sinergia tra strumenti differenti – uno a terra, l’altro nello spazio – dimostra come la collaborazione tecnologica sia la chiave per svelare i misteri dell’universo.
Un passo verso l’imaging diretto dei pianeti simili alla Terra
TWA 7b non è soltanto un altro nome tra i tanti esopianeti individuati finora. È piuttosto un segnale forte che ci stiamo avvicinando all’obiettivo più ambizioso: osservare mondi simili al nostro pianeta.
Fino a poco tempo fa, quasi tutti gli esopianeti venivano scoperti attraverso metodi indiretti, come l’analisi delle variazioni di luminosità delle stelle. Ma vederli direttamente cambia completamente le regole del gioco.
Il JWST è nato proprio per questo: per superare i limiti precedenti. Grazie alla sua straordinaria sensibilità nell’infrarosso e al coronografo, riesce a rilevare segnali debolissimi provenienti da corpi celesti freddi e poco luminosi, come i pianeti rocciosi.
Il caso di TWA 7b è emblematico: con una massa pari al 30% di quella di Giove, dimostra che la soglia di osservabilità si sta abbassando. Se oggi possiamo cogliere l’immagine di un gigante gassoso, domani potremmo osservare un pianeta roccioso come la Terra.
Ogni scoperta di questo tipo non solo ci insegna qualcosa in più su come si formano i corpi celesti, ma ci avvicina alla risposta più grande: esistono altri mondi abitabili nell’universo?
Il futuro della ricerca: il “Santo Graal” dell’astronomia
Chiedi a un astronomo qual è il suo sogno più grande, e ti risponderà senza esitare: vedere un pianeta simile alla Terra e capire se può ospitare la vita. È questo il cosiddetto “Santo Graal” dell’esplorazione cosmica.
Siamo ancora lontani? Probabile. Ma grazie a scoperte come TWA 7b, il traguardo non sembra più un’utopia. Il JWST ha già dimostrato di poter individuare segnali atmosferici impercettibili. In un futuro prossimo, potrebbe perfino scoprire tracce di ozono o metano, molecole che sulla Terra sono associate alla vita.
Il team di ricerca sa bene che questa è solo la prima di tante tappe. Ma è una tappa fondamentale. L’universo è pieno di enigmi, ma finalmente abbiamo gli strumenti per affrontarli con metodo e precisione. Ogni nuovo pianeta che scopriamo è una finestra in più sul cosmo.
Conclusione
TWA 7b non è solo un punto di luce nel cielo. È il primo esopianeta osservato direttamente dal JWST, e per questo ha un significato che va ben oltre la scoperta in sé.
È il segnale che la nostra tecnologia è finalmente in grado di mostrare ciò che finora potevamo solo immaginare.
Il futuro resta incerto, ma una cosa è chiara: lo affronteremo con occhi molto più attenti e strumenti all’altezza della nostra curiosità.
E se là fuori c’è un pianeta simile alla Terra, oggi siamo un po’ più vicini a trovarlo.
Uno studio è pubblicato sulla rivista Nature .
Redazione
Potresti leggere anche: