Uccelli, topi, conigli, pipistrelli e altri animali stanno cambiando forma e dimensioni per mantenersi “freschi”

Secondo il nuovo studio “Shape-shifting: changing animal morphologies as a response to climatic warming”, pubblicato su Trends in Ecology and Evolution da un team di ricercatori australiani e canadesi, «Mentre il pianeta si riscalda, le specie a sangue caldo si stanno evolvendo per avere becchi, zampe e orecchie più grandi per regolare la temperatura corporea». Ma gli scienziati avvertono che «Questi cambiamenti fisiologici non significano che gli animali stiano affrontando il cambiamento climatico».

L’ornitologo Ben Winger dell’università del Michigan, che ha studiato argomenti simili ma non è stato coinvolto nello studio, dice su Smithsonian Magazine che «Come meta-analisi è stato uno sforzo davvero impressionante. I risultati svelano nuove intuizioni su come i nostri parenti a sangue caldo del nostro pianeta stanno affrontando l’aumento delle temperature».

La principale autrice dello studio, Sara Ryding, della Deakin University, sottolinea che «Molte volte quando si discute del cambiamento climatico, le persone si chiedono “gli esseri umani possono superarlo?’ o “quale tecnologia può risolverlo?” E’ giunto il momento di riconoscere che anche gli animali devono adattarsi a questi cambiamenti».

Se gli animali non riescono a controllare la loro temperatura corporea, possono surriscaldarsi e morire. Nei climi più caldi alcuni animali hanno evoluto becchi o orecchie più grandi per disperdere più facilmente il caldo. Infatti, spiegano i ricercatori, «Un’ala, un orecchio o un becco più grandi rispetto alle dimensioni del corpo danno agli animali più piccoli una superficie maggiore dalla quale perdere il calore in eccesso».

Ma se quando pendiamo ai mutaforma ci vengono in mente i film dei supereroi , anche tra gli animali ci sono i mutaforma del cambiamento climatico, come diverse specie di pappagalli australiani che dal 1871 ad oggi mostrano un aumento del 4-10% delle dimensioni del becco, una mutazione che. secondo lo studio, è correlata all’aumento delle temperature estive nel corso degli anni. La Ryding  ha detto allo Smithsonian Magazine che «I pappagalli sono stati un ottimo esempio perché molti studi li hanno esaminati. Questo perché i musei hanno vaste collezioni e elenchi di uccelli, risalenti al 1800 e talvolta anche più antiche».

Gli scienziati evidenziano che «E’ difficile mettere il clima come l’unica causa del cambiamento di forma, ma altri esempi di cambiamento nelle specie mostrano l’effetto del caldo». I topi selvatici (Apodemus sylvaticus)

stanno evolvendo code più lunghe, i toporagni mascherati (Sorex cinereus) ora hanno code e zampe più lunghe e i pipistrelli che vivono nei climi caldi hanno ali più grandi.

«I cambiamenti nelle forme degli animali hanno senso»,  dicono i ricercatori. In biologia, un concetto consolidato, la regola di Bergmann, afferma che, per conservare meglio il calore, le creature che vivono in climi più freddi tendono ad essere più grandi e più robusti rispetto a quelle che vivono più vicino all’equatore. La regola prende il nome da Carl Bergmann, un biologo del XIX secolo che per primo descrisse il modello nel 1847. Trent’anni dopo, un altro biologo, Joel Asaph Allen ampliò ulteriormente il concetto, affermando che gli animali che si sono adattati ai climi freddi hanno arti e appendici corporee più corti  per mantenere il calore corporeo. Per ragioni termoregolatrici simili, è vero anche il contrario: nei climi più caldi le appendici degli animali a sangue caldo diventano più grandi, rispetto alle loro dimensioni corporee.

La Ryding fa notare che «A differenza degli umani, gli animali a sangue caldo in natura non godono dei lussi dell’aria condizionata, quindi devono fare affidamento sul proprio corpo per evitare il surriscaldamento. Rilasciano calore attraverso le loro appendici. Per le piccole creature come i topi, sono le code a svolgere questo lavoro. Per gli uccelli, lo fanno i loro becchi fanno il lavoro. E gli elefanti fanno affidamento sulle loro enormi orecchie per stare al fresco. Nei video di elefanti che vagano per i paesaggi africani, le loro orecchie si agitano periodicamente avanti e indietro, rilasciando il calore in eccesso nell’aria. E’ un fatto ben documentato che gli elefanti si rinfrescano attraverso le orecchie. Sebbene attualmente gli adattamenti che le specie stanno facendo sono piccoli, potrebbero essere più pronunciati man mano che il pianeta diventa più caldo. Si prevede che le dimensioni di appendici prominenti come le orecchie aumenteranno, quindi, in un futuro non così lontano, potremmo finire con un Dumbo live-action».

Quest’anno alcuni Paesi hanno registrato le temperature più alte degli ultimi decenni, con luglio che è stato  il mese più caldo di sempre. Dallo studio emerge che «E’ probabile che il cambiamento di forma continui man mano che il clima diventa più caldo, perché le temperature più elevate influenzeranno la richiesta degli animali di regolare la loro temperatura corporea».

Il team della Ryding ha anche condotto vari studi sul campo e in uno di questi, dal 2003 al 2011, ha misurato il becco dei fringuelli delle Galapagos, scoprendo che  sono ingranditi in risposta ai picchi di temperatura. «I fringuelli delle Galapagos aumentano li loro becchi a seconda delle temperature dell’anno precedente e fluttuano un po’», conferma la Ryding. Altri dati analizzati dai ricercatori si sono concentrati sui conigli europei, che sono stati portati in Australia e si sono stabiliti in aree con condizioni meteorologiche diverse. Quelli che vivono in aree più calde hanno sviluppato orecchie più lunghe e per la  Ryding «E’ un esempio davvero interessante di come gli animali rispondono alle differenze con il loro ambiente temperato dopo essere stati introdotti altrove».

Il team ha anche scoperto che le quaglie giapponesi, allevate in ambienti di laboratorio più caldi delle temperature del loro habitat abituale, hanno sviluppato becchi più lunghi, adattandosi ai cambiamenti ambientali in una sola generazione. Anche ai topi da laboratorio sono cresciute code più lunghe. «In entrambi i casi in un lasso di tempo molto più breve rispetto agli studi museali o sul campo – osserva la Ryding – e dimostra che gli animali possono davvero adattarsi ai loro ambienti molto rapidamente».

Ma la Ryding non crede che tutti i mutaforma e le altre specie riusciranno a tenere il passo con il velocissimo rioscaldamento antropico del pianeta. Infatti, se orecchi o becchi più grandi possono aiutare un animale a rinfrescarsi invece di surriscaldarsi e morire, è una buona cosa. Ma alcuni cambiamenti possono interferire con la capacità di alcune creature di procurarsi il cibo. Ad esempio, per gli uccelli che si nutrono di nettare di fiori, è importante avere piccoli becchi fini: «Se sei un colibrì e il tuo becco si sta allargando sempre di più, potrebbe diventare troppo grande per nutrirsi efficacemente dei fiori dai quali trai nutrimento: Cambiare forma non significa che gli animali stiano affrontando il cambiamento climatico e che tutto vada bene. Significa solo che si stanno evolvendo per sopravvivere, ma non siamo sicuri di quali siano le altre conseguenze ecologiche di questi cambiamenti o che tutte le specie siano in grado di cambiare e sopravvivere. Il cambiamento climatico che abbiamo creato sta accumulando molta pressione su di loro e, mentre alcune specie si adatteranno, altre no».

Winger è d’accordo: «E’ difficile dire quali siano le conseguenze. Dipende dal fatto se questi adattamenti sono in grado di tenere il passo con altri aspetti ambientali e quali implicazioni hanno per trovare cibo o evitare i predatori».

Quel che è chiaro è che i futuri aumenti della temperatura trasformeranno più animali in mutaforma, una descrizione che l’ecologo evoluzionista Raymond Danner dell’University of North Carolina – Wilmington, trova non solo appropriata, ma vivida. Danner, che non ha partecipato allo studio, conclude: «Il termine mutaforma è un’ottima immagine degli animali che cambiano nel tempo e nel modo in cui rispondono alle sfide ambientali. Lo studio ha fatto un buon lavoro nel sintetizzare il crescente corpo di prove su questo argomento e, cosa forse ancora più importante, ha dimostrato come rianalizzando alcuni dataset possiamo progettare studi per comprendere meglio il cambiamento di forma in futuro».

Videogallery

Shape-shifting: changing animal morphologies as a response to climatic warming

Fonte: greenreport.it

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