Il Mediterraneo si è prosciugato 5,5 milioni di anni fa: Lezioni per l’umanità di oggi

Mediterraneo si è prosciugato

Il Mediterraneo, uno dei mari più iconici del mondo, si è prosciugato completamente 5,5 milioni di anni fa. Questo evento straordinario offre lezioni preziose per l’umanità di oggi. Cosa accadrebbe se il Mar Mediterraneo si trasformasse in un gigantesco lago salato? La fauna selvatica sopravvivrebbe? Queste domande non sono solo teoriche, come dimostra la storia.

La Crisi di Salinità del Messiniano

Circa 5,5 milioni di anni fa, il Mediterraneo si isolò dall’Atlantico a causa della tettonica a placche. Questo isolamento portò a una rapida evaporazione delle acque, lasciando dietro di sé enormi quantità di sale. Questo evento, noto come Crisi di Salinità del Messiniano, durò circa 190.000 anni e causò l’estinzione di molte specie marine.

La tettonica a placche, responsabile di questo isolamento, spinse i continenti a muoversi e a chiudere il collegamento tra il Mediterraneo e l’Atlantico. Senza l’apporto continuo di acqua dall’oceano, il Mediterraneo iniziò a prosciugarsi rapidamente. Il clima arido della regione accelerò ulteriormente questo processo, portando alla formazione di uno strato di sale spesso da uno a tre chilometri nelle zone più profonde del bacino.

Mediterraneo si è prosciugato

Chiusura dell’ultimo canale di collegamento tra il Mediterraneo e l’Atlantico, che portò alla crisi di salinità del Messiniano 5,96 milioni di anni fa. (B) e (C): i fiumi che in precedenza sfociavano nel Mediterraneo scavarono profonde gole nei bordi del continente; (D) l’evaporazione causò la saturazione di sale nelle acque e la precipitazione di strati di sale spessi più di un chilometro; (E) i laghi rimasero nelle parti più profonde del mare. Questa illustrazione mostra come mammiferi, come camelidi e gerbilli, riuscirono a muoversi attraverso lo Stretto di Gibilterra. Credito: Pau Bahí y Daniel García Castellanos/Wikimedia Commons , CC BY-SA

Durante questo periodo, noto come Messiniano, il Mediterraneo divenne un ambiente estremamente inospitale per la vita marina. Le specie che non riuscirono ad adattarsi alle nuove condizioni ipersaline si estinsero. Tuttavia, alcune specie riuscirono a sopravvivere in rifugi isolati, dove le condizioni erano meno estreme.

La Crisi di Salinità del Messiniano rappresenta uno degli eventi di estinzione di massa più significativi della storia geologica della Terra. Questo evento ci offre importanti lezioni sulla resilienza degli ecosistemi marini e sulla capacità della vita di adattarsi a cambiamenti ambientali estremi.

Sopravvivenza e Ricolonizzazione

Durante la Crisi di Salinità del Messiniano, la vita marina autoctona del Mediterraneo subì un drastico declino. Molte specie non riuscirono ad adattarsi alle condizioni ipersaline e si estinsero. Tuttavia, alcune specie trovarono rifugio in aree isolate dove le condizioni erano meno estreme. Questi rifugi permisero a una piccola parte della fauna marina di sopravvivere nonostante le difficoltà.

Dopo circa 190.000 anni, il collegamento tra il Mediterraneo e l’Atlantico si riaprì. Questo evento segnò l’inizio di una nuova fase per il Mediterraneo. Le acque atlantiche iniziarono a fluire nuovamente nel bacino, portando con sé nuove specie marine. La ricolonizzazione del Mediterraneo da parte di queste specie atlantiche trasformò radicalmente la fauna marina della regione.

Le specie atlantiche, più adatte alle nuove condizioni ambientali, sostituirono molte delle specie autoctone estinte. Questo processo di ricolonizzazione non fu immediato, ma avvenne gradualmente nel corso di migliaia di anni. La fauna marina del Mediterraneo che conosciamo oggi è il risultato di questa lunga e complessa interazione tra specie autoctone sopravvissute e nuove specie atlantiche.

La storia della sopravvivenza e ricolonizzazione del Mediterraneo ci offre importanti lezioni sulla resilienza degli ecosistemi marini. Nonostante le condizioni estreme e le estinzioni di massa, la vita trovò modi per adattarsi e prosperare nuovamente. Questo ci ricorda l’importanza di proteggere i nostri ecosistemi e di considerare attentamente le conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente.

Lezioni per il Futuro

L’isolamento del Mediterraneo e la successiva ricolonizzazione offrono lezioni importanti per l’umanità. La resilienza della vita marina di fronte a crisi ambientali di grande portata è limitata. La biodiversità del Mediterraneo si è ripresa solo dopo milioni di anni, suggerendo che gli ecosistemi richiedono tempi lunghi per recuperare da eventi catastrofici.

Questo evento ci insegna che la natura ha una capacità limitata di adattamento a cambiamenti estremi. La crisi di salinità del Messiniano ha dimostrato che, quando gli ecosistemi vengono sottoposti a stress significativi, molte specie non riescono a sopravvivere. Solo poche specie riescono a trovare rifugi sicuri e a sopravvivere in condizioni estreme.

La ricolonizzazione del Mediterraneo da parte delle specie atlantiche ha richiesto migliaia di anni. Questo processo ci mostra che la ripresa degli ecosistemi non è immediata. Anche con l’apporto di nuove specie, la biodiversità richiede tempi lunghi per tornare ai livelli precedenti. Questo è un monito per l’umanità: dobbiamo considerare attentamente le conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente.

Le lezioni apprese dalla storia del Mediterraneo sono rilevanti anche oggi. I cambiamenti climatici e le attività umane stanno mettendo a dura prova gli ecosistemi marini di tutto il mondo. La protezione della biodiversità e la conservazione degli habitat naturali sono essenziali per garantire la resilienza degli ecosistemi. Dobbiamo agire con responsabilità e lungimiranza per preservare la vita marina per le future generazioni.

Conclusione

La storia del prosciugamento del Mediterraneo ci insegna che la natura ha una capacità limitata di adattamento a cambiamenti estremi. Le lezioni apprese da questo evento geologico ci ricordano l’importanza di proteggere i nostri ecosistemi e di considerare attentamente le conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente.

La studio è stato appena pubblicata sulla rivista Science  ed è stato guidato da Konstantina Agiadi dell’Università di Vienna in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche spagnolo e altri 28 scienziati di 25 istituti europei.

Redazione

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