Terry Hughes, convenor della National Coral Bleaching Taskforce che sta documentando e studiando l’evento, dice: «Non avevamo mai visto nulla di simile prima a questo livello di sbiancamento prima. Nel nord della Grande barriera corallina, è come se fossero arrivati sulla costa 10 cicloni tutti in una volta. Verso il confine sud, la maggior parte delle barriere vanno da un lieve a un moderato sbiancamento e dovrebbero recuperare presto. Abbiamo sorvolato 911 singole barriere in elicottero e con un aereo leggero per mappare la portata e la gravità dello sbiancamento su tutti i 2.300 km di lunghezza della Grande Barriera Corallina. Di tutte le barriere che abbiamo controllato, solo il 7% (68 barriere) sono sfuggite del tutto allo sbiancamento. All’altra estremità dello spettro, tra il 60 e il 100% dei coralli sono gravemente sbiancati su 316 reef, quasi tutti nella metà settentrionale del Reef».
Team di subacquei e sommozzatori scientifici hanno confermato l’accuratezza dei rilevamenti aerei, e continuano a misurare l’impatto dello sbiancamento.in corso. Andrew Baird, dell’ARc Center, dice che «Lo sbiancamento è estremo nella regione di 1.000 chilometri a nord di Port Douglas, lungo tutta la strada fino nel nord del Torres Strait, tra l’Australia e Papua Nuova Guinea. Tragicamente, questa è la parte più remota del Reef e, per la sua lontananza, è protetta dalla maggior parte delle pressioni umane: ma non dal cambiamento climatico. A nord di Port Douglas, stiamo già misurando una media di quasi il 50% di mortalità dei coralli sbiancati. In alcune barriere, il bilancio finale delle vittime rischia di superare il 90%. Quando lo sbiancamento è così grave colpisce quasi tutte le specie di corallo, tra cui i vecchi coralli a crescita lenta che una volta persi, ci vorranno decenni o più perché ritornino».
Uno sbiancamento sta raggiungendo il suo apice in una fascia centrale 600 km della Grande Barriera Corallina, tra Cairns e Mackay. Secondo gli scienziati, le barriere più a sud sono sfuggite a livelli dannosi di sbiancamento perché le temperature dell’acqua estive negli ultimi messono state più vicine alle normali condizioni i.
Hughes aggiunge che «La gravità dello sbiancamento nella sezione centrale è minore e più vicina alla intensità dei primi due eventi di sbiancamento di massa sulla Barriera Corallina, nel 1998 e nel 2002. Fortunatamente, molti dei coralli sono sbiancati più moderatamente, quindi ci aspettiamo che la maggior parte di loro di sopravviva e riprenda il suo colore normale, quando le temperature scenderanno nei prossimi mesi».
Gli scienziati australiani hanno scoperto anche che le enormi impronte dei tre eventi di sbiancamento di massa del 2016, 2002 e 1998 sono diversE: «In ogni caso, la posizione del più grave sbiancamento coincide con l’area in cui c’era l’acqua più calda per un l periodo più lungo – spiega ancora Hughes – Questa volta, il terzo meridionale della Grande Barriera Corallina si è fortunatamente raffreddato nella tarda estate da un periodo di tempo nuvoloso causata dall’ex-ciclone Winston, dopo che è passato sopra le Fiji ed è arrivato da noi come una depressione con pioggia. L’impronta del 2016 avrebbe potuto essere molto peggiore».
la Grande Barriera Corallina è la risorsa più preziosa del turismo australiano: il turismo del Reef prodiuce un reddito annuo di 5 miliardi di dollari e impiega circa 70.000 persone. Il governo australiano ha da tempo riconosciuto che il cambiamento climatico è la più grande minaccia per la barriera corallina e per le persone che dipendono dal Reef per il loro sostentamento. Daniel Gschwind, direttore generale del Queensland Tourism Industry Council, sottolinea che «Per fortuna, molte parti della barriera corallina sono ancora in ottima forma, ma non possiamo semplicemente ignorare lo sbiancamento dei coralli e sperare in una rapida ripresa. Devono essere valutate politiche di sviluppo a breve termine contro i danni ambientali a lungo termine, compresi gli impatti sul Reef del cambiamento climatico».
Sulla costa occidentale dell’Australia, i ricercatori della taskforce nazionale stanno ancora documentando sbiancamenti sulla costa e sugli atolli offshore. Uana di loro, Verena Schoepf dell’’University of Western Australia, conclude: «La zona costiera che studio a nord di Broome ha maree enormi e pensavamo che i coralli fossero “super corals” perché devono normalmente far fronte a grandi oscillazioni di temperatura. Quindi, siamo rimasti scioccati nel vedere che fino all’80% di loro sono diventati bianchi ome la neve. Sono colpite anche le specie più resistenti».
Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia, è molto preoccupata: «Un evento così estremo non era mai stato osservato prima, segno che il riscaldamento globale, causato dalla nostra dipendenza dalle fonti fossili, sta sancendo la fine di questo paradiso sottomarino. Abbiamo bisogno al più presto di politiche globali che tutelino le aree più vulnerabili dei nostri mari e contribuiscano con rapidità e incisività alla transizione verso un modello di sviluppo sostenibile, basato su energie rinnovabili».
secondo Greenpeace, «Nonostante da anni gli scienziati richiamino l’attenzione sui pericoli che questo meraviglioso ecosistema marino sta correndo, i dati diffusi oggi confermano che il rischio di perdere per sempre inestimabili patrimoni sottomarini è purtroppo concreto se i governi non interverranno per cambiare subito le proprie politiche energetiche. È necessario abbandonare al più presto i combustibili fossili – carbone, petrolio e gas – per puntare su efficienza energetica e rinnovabili».