Le nanoparticelle presenti nei cibi che potrebbero danneggiare il cervello

Si tratta del diossido di titanio, particella utilizzata come sbiancante in cibi, vernici, prodotti medici e cosmetici, che sarebbe in grado di uccidere alcune cellule del nostro sistema nervoso centrale

Un nuovo pericolo nanoscopico potrebbe nascondersi in vernici, tessuti, prodotti alimentari e cosmetici. Si tratta delle nanoparticelle di diossido di titanio, il secondo più diffuso nanomateriale al mondo, utilizzato come sbiancante in molti tipi di cibi, nel latte, e nei dentifrici. I ricercatori della University of Nebraska-Lincoln hanno verificato gli effetti di questa sostanza sugli astrociti, dimostrando che per queste cellule, le più abbondanti del nostro sistema nervoso, l’esposizione al diossidodi titanio risulta letale, anche a concentrazioni bassissime. I risultati, sottolineano i ricercatori, non ci dicono se queste nanoparticelle siano in grado di attraversare la barriera emato-encefalica che separa il nostro cervello dalla circolazione sanguigna, ma rappresentano comunque un avvertimento per continuare gli studi.

 

Nello studio, pubblicato sulla rivista Nanoscale, i ricercatori hanno analizzato gli effetti dei tre tipi più diffusi di nanoparticelle di diossido di titano su astrociti di topi. Le quantità utilizzate sono tutte molto basse, e tutte invariabilmente mortali. A una concentrazione di 100 parti per milione (Ppm), due delle nanoparticelle sperimentati hanno ucciso oltre i tre quarti degliastrociti in un singolo giorno. La mortalità è scesa invece ad un terzo delle cellule a 50 Ppm, e ad un quarto a 25 Ppm.

Gli effetti del diossido di titanio sarebbero inoltre dannosi anche per le cellule superstiti. Disturberebbero infatti la capacità degliastrociti di processare il glutammato, un neurotrasmettitorefondamentale per molti processi cognitivi, che accumulandosi però all’esterno dei neuroni si trasforma in una potente tossina, che provoca la morte delle cellule neurali e aumenta il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e ilParkinson. Nello studio, una delle particelle sperimentate ha diminuito del 45% la capacità degli astrociti di riassorbire ilglutammato già ad una concentrazione di 50 parti per milione, e un’altra l’ha peggiorata del 31% con sole 25 Ppm.

La ricerca non dimostra che queste nanoparticelle siano in grado di attraversare la barriera emato-encefalica che protegge il nostro cervello, e le sostanze quindi, anche se respirate o ingerite,potrebbero non raggiungere mai il sistema nervoso centrale. Gli studi più recenti, avvertono però i ricercatori, sembrano indicare l’esistenza di zone del cervello che risultano esposte all’azione di alcuni tipi di nanoparticelle, e gli effetti del diossido di titanio meritano dunque ulteriori analisi.

La nostra speranza è che questo studio generi un po’ di discussione, perché quello delle nanoparticelle è un campo che non è mai stato normato”, conclude Srivatsan Kidambi, coordinatore della ricerca. “E invece ce ne sarebbe un gran bisogno. Basta pensare che qualunque sostanza bianca, dal latte, alle gomme da masticare, al dentifricio allo zucchero in polvere, contiene al suo interno nanoparticelle”.

Di Simone Valesini

Foto: ZEPHYR/SCIENCE PHOTO LIBRARY/Getty

Fonte:http://www.wired.it/scienza/medicina/2015/12/16/nanoparticelle-cibi-danno-cervello/

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