La scoperta delle vitamine

151 anni fa nasce lo scienziato che identificherà i fattori alimentari accessori, necessari all’ organismo. Quelli poi saranno battezzati vitamine.

Quando James Cook partì per le Hawaii fece in modo che broccoli, cavoli, arance e limoni non mancassero mai alla sua ciurma: era ormai chiaro che per evitare lo scorbuto c’era bisogno di mangiare frutta e verdura fresche. Contenevano un misterioso agente antiscorbutico necessario alla sopravvivenza, la vitamina C. Eppure, alla fine del Settecento nessuno si sognava di chiamare così quella sostanza, anche perché il concetto stesso di vitamina sarebbe nato più di cent’anni dopo, nel 1912, quandoCasimir Funk scelse di nominare così quei nutrienti fondamentali per la vita. E tuttavia, a quel tempo l’importanza di certi costituenti assunti con la dieta era ormai chiara. E per merito di diversi protagonisti delle scienze dell’alimentazione, due in particolare.

Il primo si chiamava Christiaan Eijkman, era un medico olandese, e lavorando in Indonesia aveva dato inizio alla scoperta delle vitamine. Sul finire dell’Ottocento, cominciò a essere chiaro che il beri-beri, una malattia endemica della zona, era associato alla dieta. Eijkman lo confermò osservando gli effetti di un cambio di alimentazione nei polli: da riso brillato a riso integrale ( qui un esempio analogo dello studio). Riuscì così a dedurre che nella pula del riso (l’involucro, eliminato con la brillatura) dovesse esserci qualcosa di essenziale per l’organismo, un agente anti-beriberi.

A raccogliere il testimone del collega olandese sarebbe stato, appena qualche anno dopo, il biochimico britannico Frederick Gowland Hopkins (1861-1947). Era nato a Eastbourne il 20 giugno 1861 e aveva ereditato dal padre la passione per la scienza. Insieme a un microscopio, con cui cominciò precocemente la carriera da ricercatore osservando quel che si nascondeva nell’acqua di mare. Poi alla biologia marina preferì la chimica, tanto che cominciò a lavorare come assistente in uno studio di medicina legale per casi di avvelenamento. Ma la laurea, rimasta in sospeso per il lavoro e i problemi economici, arrivò solo nel 1894, orami più che trentenne.

Anche se la presentazione ufficiale nel mondo della ricerca era arrivata in ritardo, questo non compromise affatto la carriera di Hopkins. Aveva già messo la firma in una di quelle scoperte fondamentali nella storia della scienza – quella del triptofano, grazie al quale aveva elaborato la teoria dell’esistenza di aminoacidi essenziali per l’uomo, che dovevano essere assunti attraverso la dieta – quando raccolse il lavoro di Eijkman. E per certi versi ripeté quanto il collega aveva già fatto con il riso.

Invece dei polli però prese dei ratti e somministrò loro una miscela dei nutrienti del latte, quelli noti a quel tempo, in forma pura. Una sorta di latte artificiale fatto con grassi, carboidrati, proteine e sali minerali. E aspettò un po’ prima di osservare cosa succedesse ai roditori con quella dieta.

Fu così che si accorse che i nutrienti da soli non bastavano a far crescere gli animali, ma era sufficiente aggiungere piccole quantità di latte (quello vero) perché i ratti tornassero in salute, così come era stato con i limoni dei marinai e il riso integrale di Eijkman (con cui nel 1929 condivise il premio Nobel).

Hopkins ipotizzò quindi che nel latte dovessero esserci delle sostanze che egli battezzò fattori alimentari accessori, illustrando il concetto di micronutrienti necessari all’organismo, perché non in grado di sintetizzarli. Pubblicò le sue scoperte nel 1912, in contemporanea alla nascita del termine vitamina, coniato da Casimir Funk. Che però aveva esagerato: non tutti quei fattori misteriosi infatti erano, come pensava, ammine della vita.

Di Elisabetta Manacorda

 

Fonte: http://daily.wired.it/news/scienza/2012/06/20/scoperta-vitamine-storia-346789.html

 

 

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