Il Raggio della morte di Archimede funziona davvero? Un 12enne riapre il caso con un esperimento sorprendente

Il Raggio della morte di Archimede è una delle leggende più affascinanti sospese tra ingegno scientifico e mito storico. Si racconta che questo congegno, formato da specchi concavi capaci di concentrare la luce solare, fosse stato impiegato per bruciare le navi romane durante l’assedio di Siracusa nel 213 a.C. Da secoli ci si interroga sulla sua reale esistenza: invenzione geniale o solo un racconto tramandato? Oggi, un ragazzo canadese di appena 12 anni, Brenden Sener, ha riportato al centro del dibattito questa antica teoria. Il suo esperimento ha prodotto risultati sorprendenti, in grado di convincere anche i più scettici. Con pochi materiali e tanta curiosità, ha dimostrato quanto già ipotizzato dal MIT nel 2005: ciò che sembrava un mito potrebbe essere fondato su basi scientifiche solide.
Dall’assedio di Siracusa al laboratorio: la leggenda prende forma
L’ipotesi che Archimede abbia costruito un’arma solare in grado di incendiare imbarcazioni nemiche usando soltanto la luce del sole ha sempre diviso storici e scienziati. Secondo antichi racconti, durante l’assedio romano di Siracusa, il genio siracusano avrebbe utilizzato una serie di specchi levigati per riflettere e concentrare i raggi solari, trasformandoli in un’arma devastante. Autori come Luciano di Samosata e Antemio di Tralle ne parlarono come di una “lente di fuoco” progettata per distruggere le navi avversarie.
Tuttavia, nessuna prova concreta è mai emersa: né documenti originali né resti archeologici confermano l’esistenza del dispositivo. Persino pensatori come Cartesio ritenevano questa ipotesi irrealizzabile, sostenendo che la tecnologia dell’epoca non permettesse tale precisione. Eppure, l’idea ha continuato a stimolare esperimenti nei secoli, diventando uno dei misteri più iconici della storia antica.
Nel 2005, un team del Massachusetts Institute of Technology è riuscito a replicare un prototipo della macchina: in soli 11 minuti, con una serie di specchi, ha incendiato una nave in scala, riaprendo il dibattito scientifico. Questo risultato ha riacceso l’interesse globale, suggerendo che forse Archimede non era così distante dalla realizzazione di un’arma simile.
Oggi, la leggenda del cosiddetto raggio solare di Archimede va ben oltre l’immaginazione: rappresenta il punto di incontro tra scienza sperimentale, tradizione storica e creatività tecnica.
Tra limiti tecnici e intuizioni millenarie
Il principio alla base di questa arma concentrica è teoricamente semplice: specchi ben orientati riflettono la luce verso un unico punto, aumentando la temperatura fino a innescare la combustione. Tuttavia, realizzarlo in epoca antica era tutt’altro che semplice.
I materiali riflettenti del tempo erano rudimentali, spesso realizzati in bronzo lucidato o vetro affumicato, con una bassa efficienza ottica. Inoltre, allineare con precisione decine di specchi richiedeva una coordinazione estrema, resa ancor più difficile da condizioni ambientali variabili, come vento, nuvole o angolazioni errate. Anche grandi pensatori del passato, come Cartesio, ne hanno evidenziato l’impraticabilità.
Eppure, esperimenti moderni dimostrano che, in condizioni ideali, l’effetto è reale. Non si tratta più solo di leggenda, ma di una possibilità fisica concreta. Un esempio perfetto di come l’intuizione possa anticipare, di secoli, la pratica tecnologica.
L’esperimento di Brenden Sener: scienza e leggenda si incontrano in aula
Non serviva il sole del Mediterraneo né navi da guerra. Bastava una lampada da scrivania e qualche specchio. È così che Brenden Sener, uno studente canadese di 12 anni, ha riacceso l’interesse mondiale verso la teoria dell’antico strumento attribuito ad Archimede. Il suo progetto, tanto semplice quanto ingegnoso, ha prodotto risultati sorprendenti.
Con una lampada da 50 watt e tre specchi concavi, ha registrato un aumento della temperatura di circa 2 °C per ogni specchio aggiunto. Inserendo il quarto, la temperatura è salita improvvisamente di 8 °C. Utilizzando una lampada da 100 watt, i valori sono saliti: +4 °C per ciascuno dei primi tre specchi, +10 °C con il quarto.
I dati sono stati pubblicati nel Canadian Science Fair Journal e si allineano sorprendentemente con l’esperimento condotto dal MIT nel 2005. La cosa straordinaria è che Brenden ha dimostrato tutto questo con strumenti comuni, accessibili e replicabili.
Non è solo la precisione dei risultati a colpire, ma il metodo: ha trasformato una leggenda in un progetto sperimentale concreto, ricevendo importanti riconoscimenti, come la medaglia d’oro alla Matthews Hall Annual Science Fair e il London Public Library Award, dedicato alla divulgazione scientifica.
Un esempio che ispira studenti e scienziati
L’impresa di Brenden Sener va oltre il successo scientifico: è un modello educativo potente, capace di riaccendere la curiosità nei giovani. Con materiali semplici e spirito critico, ha dato nuova vita a un enigma millenario, rendendolo comprensibile e riproducibile.
Il punto di forza dell’esperimento sta proprio nella sua accessibilità: chiunque può replicarlo. Insegnanti e studenti di tutto il mondo possono prendere spunto per imparare ottica, fisica e storia in modo pratico e coinvolgente. Un vero ponte tra metodo scientifico e passione per la scoperta.
Dal punto di vista storico, l’esperimento riapre domande scomode: quanto era avanzata davvero la tecnologia del mondo antico? E se Archimede avesse davvero intuito questi principi, è possibile che con gli strumenti del tempo sia riuscito a realizzarli?
Più che un racconto leggendario, questa storia diventa oggi un’occasione educativa e una fonte d’ispirazione per il futuro.
Conclusione
Il brillante esperimento di Brenden Sener dimostra che persino una leggenda di 2000 anni fa può tornare viva, se osservata con occhi nuovi e spirito critico. Il cosiddetto Raggio della morte di Archimede, da mito sospeso tra realtà e immaginazione, diventa oggi un’occasione per indagare il passato con strumenti moderni.
Grazie a una semplice combinazione di specchi e lampade, un racconto millenario assume forma sperimentale e torna ad accendere discussioni, ipotesi, studi. Il vero messaggio, però, è un altro: la scienza non ha età, e le grandi domande possono nascere ovunque, persino tra i banchi di scuola. Forse Archimede, nel vedere tutto questo, avrebbe sorriso con soddisfazione.
Redazione
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