Influenza aviaria nei gatti: il rischio di trasmissione all’uomo è reale? Ecco cosa rivela la ricerca globale

Foto che mostra un gatto domestico in condizioni di salute precaria, potenzialmente infetto da influenza aviaria. Un esempio visivo del rischio legato all’influenza aviaria nei gatt

Quello che fino a poco tempo fa sembrava impossibile sta prendendo forma: i gatti , creature così familiari e domestiche, potrebbero essere coinvolti nella trasmissione dell’influenza aviaria . Secondo un’analisi condotta dall’Università del Maryland, basata su venti anni di osservazioni in 18 paesi diversi, i gatti non solo sono suscettibili al virus H5N1 , ma potrebbero rappresentare una via di contagio per gli esseri umani. Sono stati registrati oltre 600 casi tra gatti domestici e selvatici , molti dei quali sfociati in decessi. Questi dati non lasciano dubbi: è arrivato il momento di iniziare a monitorare seriamente la situazione legata all’influenza aviaria nei gatti .

L’impatto dell’influenza aviaria sui gatti: dati e studi globali

Fino a pochi anni fa, il legame tra i gatti e l’influenza aviaria era quasi inesistente agli occhi della comunità scientifica. Oggi, però, le cose stanno cambiando rapidamente. Un’ampia revisione coordinata da Kristen Coleman e Ian Gill Bemis ha raccolto centinaia di articoli pubblicati tra il 2004 e il 2025, arrivando a documentare ben 607 casi confermati di influenza aviaria nei gatti , con un tasso di mortalità vicino al 50%. Questo ceppo virale, soprattutto nella sua forma ad alta patogenicità (HPAI), si sta comportando in modi mai visti prima.

A stupire i ricercatori è stata soprattutto l’estensione del contagio: non solo gatti domestici , ma anche tigri, leopardi e altri felini selvatici ne sono risultati infetti. Il virus non si limita più a saltare dagli uccelli ai mammiferi, ma riesce a viaggiare da una specie all’altra, creando una sorta di catena epidemiologica che tocca sia l’ambiente naturale che quello urbano. I gatti , per la loro ubiquità e abitudine a interagire con altri animali, stanno diventando un anello cruciale di questa catena legata alla diffusione dell’influenza aviaria nei gatti .

Il ceppo H5N1 , una volta confinato al mondo avicolo, sta mostrando una capacità evolutiva impressionante. Non solo si adatta a nuove specie, ma aumenta la sua aggressività. Man mano che muta, cresce la possibilità che riesca a saltare da un animale all’uomo, e magari, un domani, da uomo a uomo. Al momento non ci sono prove concrete di una trasmissione diretta tra persone, ma il fatto che il virus continui a circolare in diverse specie è un campanello d’allarme che non possiamo permetterci di ignorare nel contesto dell’influenza aviaria nei gatti .

Come i gatti contraggono l’influenza aviaria

Sebbene il contatto diretto con gli uccelli selvatici resti una delle principali vie di contagio, non è certo l’unica. Nei contesti rurali capita frequentemente che i gatti caccino e mangino volatili infetti , esponendosi al virus H5N1. Ma non finisce qui: il virus può entrare in circolo anche attraverso il latte crudo bevuto da gatti allevati in prossimità di mucche infette . E persino l’alimentazione casalinga, se fatta con carni crude o non sufficientemente trattate termicamente, può nascondere rischi imprevisti per la salute dei felini.

Anche il contatto tra gatti gioca un ruolo fondamentale. In ambienti chiusi, come rifugi sovraffollati o fattorie dove i felini vivono in gruppo, basta poco per scatenare una diffusione rapida. Questo scenario rende difficile individuare tempestivamente l’infezione, soprattutto se i sintomi sono atipici. Molti gatti infettati da influenza aviaria sviluppano encefalite acuta, febbre elevata e alterazioni comportamentali che possono facilmente essere confuse con altre malattie neurologiche, come la rabbia.

Le implicazioni per la salute pubblica e il futuro della ricerca

Se guardiamo ai dati globali, il numero totale di casi umani di influenza aviaria rimane ancora relativamente basso – circa 950 persone in tutto il mondo – ma la percentuale di decessi è drammatica: quasi la metà. Negli Stati Uniti, tra il 2022 e il 2025, si sono registrati 70 casi confermati e un solo decesso, ma i ricercatori non si lasciano tranquillizzare da questi numeri ridotti. Il virus sta mutando, e ogni nuova mutazione aumenta la probabilità che riesca a diffondersi tra le persone.

Secondo gli scienziati, è ora di cominciare a considerare seriamente i gatti parte integrante del sistema di sorveglianza epidemiologica . Oggi molte infezioni sfuggono alla rete tradizionale di controllo perché i test vengono effettuati solo post-mortem o in assenza di sintomi evidenti. Per migliorare la situazione, bisogna introdurre protocolli di screening regolari, soprattutto per i gatti che vivono in aree ad alto rischio , come allevamenti o zone urbane con forte presenza di volatili selvatici.

La ricerca guidata da Coleman e Bemis punta a capire meglio la prevalenza del virus nelle popolazioni feline più esposte, come i gatti allevati in stalla o quelli che vivono in contesti agricoli . Lo studio, pubblicato su Open Forum Infectious Diseases , rappresenta un punto di partenza importante per future strategie di prevenzione e controllo legate all’influenza aviaria nei gatti .

Cosa fare per proteggere uomini e gatti dall’influenza aviaria

Per affrontare questa minaccia emergente, servono azioni concrete. La prima è un monitoraggio attivo dei gatti, in particolare quelli che vivono in ambiente agricolo o in prossimità di allevamenti. Bisogna introdurre test regolari, sia in vita che post-mortem, e migliorare la collaborazione tra veterinari, medici e istituti di sanità pubblica. Un approccio integrato è indispensabile per contrastare la diffusione dell’influenza aviaria nei gatti .

Parallelamente, è fondamentale sensibilizzare i proprietari di animali domestici. Evitare l’esposizione diretta ai volatili selvatici e utilizzare alimenti per gatti sicuri e trattati termicamente sono misure semplici ma efficaci. Anche il personale sanitario deve essere formato meglio: molti medici oggi non sono preparati a riconoscere i segnali dell’influenza aviaria negli esseri umani , figuriamoci a collegarli ai contatti con i gatti.

Infine, serve uno sforzo concreto nello sviluppo di vaccini mirati, partendo proprio dai felini, che stanno emergendo come specie chiave in questo scenario globale. Sebbene oggi non esista una profilassi efficace per i gatti, la ricerca in questo campo potrebbe ridurre drasticamente il rischio di trasmissione interspecie dell’influenza aviaria .

Conclusione

L’influenza aviaria nei gatti non è più un tema secondario, ma una questione urgente e concreta. Il virus H5N1 , un tempo confinato agli uccelli, sta dimostrando una capacità evolutiva preoccupante, adattandosi a nuove specie e aumentando il rischio di trasmissione all’uomo. I gatti , per la loro diffusione e la loro interazione quotidiana con l’ambiente circostante, giocano un ruolo chiave in questo processo. Senza un monitoraggio serio e una maggiore consapevolezza da parte della comunità scientifica e del pubblico, il rischio di una diffusione più ampia non può essere ignorato. Proteggere i gatti significa anche proteggere noi stessi — e forse, in futuro, salvare vite umane.

Redazione

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