Grandi scoperte sull’uomo di Neanderthal, estinto praticando l’incesto ed era in grado di parlare
Gli antenati dell’uomo erano sessualmente molto ‘aperti’ e si incrociavano anche con ominidi di gruppi diversi: lo racconta la mappa del Dna, la più completa mai ottenuta, di una donna vissuta 50mila anni fa. La donna apparteneva a un sottogruppo di Neanderthaliani, i Denisovani, che vivevano in Siberia. Pubblicata su Nature, la ricerca si deve al gruppo coordinato da Kay Prufer e Svante Paabo, dell’Istituito Max Planck di Antropologia Evolutiva di Lipsia.
L’uomo di Neanderthal, quindi, potrebbe essersi estinto a causa del frequente accoppiamento tra consanguinei. Il Dna studiato è stato estratto da un osso umano ed ha dimostrato che i genitori della donna erano strettamente imparentati tra loro, così come i nonni. L’episodio non sarebbe casuale, tra i neanderthaliani, ma una consuetudine. Poiché quei nostri antichi predecessori vivevano in gruppi composti da un numero molto esiguo di elementi, erano indotti all’accoppiamento tra consanguinei anche molto vicini tra loro. Secondo gli scienziati, questa prassi, nel tempo, potrebbe essere tra le cause principali dell’estinzione di questa antica famiglia di ominidi.
L’uomo di Neanderthal era, ed è questa l’altra grande novità che lo riguarda, in grado di articolare un linguaggio complesso. Ad indicarlo l’analisi ai raggi X condotta nel Centro di ricerche Elettra Sincrotrone di Trieste sul reperto di un osso ioide, ossia l’osso che si trova alla base della lingua e che è cruciale per l’articolazione dei suoni. L’osso apparteneva a un uomo di Neanderthal, rinvenuto nel 1989 nel sito israeliano di Kebara.
La ricerca è frutto di una collaborazione internazionale fra italiani, australiani e canadesi ed è stato pubblicato sulla rivista americana Plos One e illustra i risultati di un confronto fra le proprietà biomeccaniche di questo osso e quelle di analoghi reperti di Homo sapiens. Dalla ricerca è emerso che dal punto di vista della morfologia esterna, lo ioide dell’Homo Neanderthalensis e quello dell’uomo moderno non presentano sostanziali differenze, mentre hanno una forma diversa da quella di altri primati come lo scimpanzé. Ma questa osservazione non è sufficiente a poter dire che l’iomo vissuto tra 200 mila e 40 mila anni fa potesse parlare. E’ stato decisivo analizzare la sua microstruttura interna, che si rimodella in risposta alle tensioni meccaniche a cui l’osso è sottoposto.Fra gli autori, il paleontologo Ruggero D’Anastasio, dell’Università di Chieti, e il fisico Claudio Tuniz, del Centro Internazionale di Fisica Teorica di Trieste.
Fonte:http://www.diregiovani.it/news/27410-neanderthal-incesto-ricerca-archeologia.dg
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