L’ultimo alieno avvistato su Marte è un cucchiaio volante. Un altro esempio di pareidolia, la tendenza a ricondurre a oggetti noti forme casuali. Perché ne siamo così suscettibili?
Su Marte c’è di tutto. Si possono trovare ratti, lucertole, volti umani e ora anche cucchiai. Si tratta di esempi di pareidolia, il fenomeno cioè per il quale vediamo in forme casuali le immagini di cose che conosciamo. E con gli scatti di sonde e satelliti gli esempi di pareidolia spaziale non mancano (ma anche nel cibo: ricordate le visioni di Gesù sui tost?), l’ultimo appunto è quello di un cucchiaio volante avvistato dal rover Curiosity sulla superficie marziana. Non un cucchiaio, ovviamente, ma una roccia plasmata dal vento, precisano dalla Nasa. Ma perché continuiamo a essere vittime della pareidolia?
La risposta, suggerisce uno studio pubblicato qualche tempo fa suCerebral Cortex e ritirato fuori ora per l’occasione, ha a che fare con le caratteristiche intrinseche del nostro cervello, il quale sarebbe un po’ pigro durante l’elaborazione di ciò che capita sotto gli occhi, tendendo a ricondurre le forme di ciò che vede a qualcosa che già conosce.
A raccontarlo oggi è Joel Voss, uno degli autori di quella ricerca, che su Vice riassume così il fenomeno e le sue probabili origini.
Ovunque tu guardi, fermare l’immagine è davvero impossibile, nonostante sia in realtà statica (via Buzzfeed)
Cilindri rotanti
Se sbatti gli occhi, cambiano anche verso (A. Kitaoka)
“Il triangolo no, non l’avevo considerato”
Non c’è, ma si vede, e si chiama triangolo di Kanizsa (Wikimedia Commons)
Effetto espansione
Tutto sembra allargarsi a macchia d’olio
“La moglie o la suocera”
Si chiama proprio così questa figura ambigua, che contiene sia un viso carino che uno da strega a seconda di come lo si voglia vedere. Anzi, interpretare, visto che a determinarlo sono le nostre aspettative (Wikimedia Commons)
C’è qualcosa che scintilla
Proprio lì, al centro di ogni palla (A. Kitaoka)
Un’infinità di piccole figure tondeggianti
… e lo schermo sembra squagliarsi
Cose mistiche
Se guardi questo scarabocchio per una quarantina di secondi e poi sposti lo sguardo su una parete, avrai un’illuminazione divina. Promesso
Cubo impossibile
Il nostro cervello vorrebbe vedere un vero cubo, e per questo si sforza nonostante la figura sia drammaticamente distorta
Dritti o storti?
Come vedi i riquadri rossi di questa figura? (Wikimedia Commons)
Facce musicali
Tipico esempio di quando l’arte si appropria delle illusioni ottiche
Donna che va verso un ponte o volto di uomo?
Dipende da cosa tu vuoi vedere
Fissa la croce
Allontanati e avvicinati ripetutamente allo schermo. Lo vedi o no che i due cerchi vanno in senso opposto?
Girandole
Come sposti lo sguardo, loro ti sfuggono: impossibile fermarle
Rotazioni random
Se guardi questo scarabocchio per una quarantina di secondi e poi sposti lo sguardo su una parete, avrai un’illuminazione divina. Promesso
Potere deformante
Forze misteriose sembrano piegare queste curve
Guardalo scrollando la barra laterale
Proverai dei fastidio puro
Che visione
Guardalo per un minuto e poi lancia lo sguardo su un muro o un foglio bianco. Cosa vedi?
Anatra o coniglio?
La risposta giusta è “entrambi”. Si tratta di un’immagine che, pur con un disegno unico, può essere interpretata in due modi alternativi: il muso di un’anatra o quello, appunto, di un coniglio. Un caso così emblematico da aver ispirato nella storia anche ragionamenti filosofici sui diversi modi di intendere le cose (Wikimedia Commons)
Lampeggiamenti
Guardando fuori dalla ruota, il suo centro lampeggia. La velocità dei lampeggiamenti corrisponde al ritmo delle scariche elettriche del nostro cervello (J. Neurosci)
Spostamenti laterali
Basta vagare con lo sguardo sull’immagine per rendersene conto (A. Kitaoka)
Ombra molesta
Quadrato A e quadrato B hanno la stessa sfumatura di grigio. Ecco il trucco della scacchiera di Adelson (Wikimedia Commons)
Onda anomala
Percorrendo la figura, il cervello è tratto ingannevolmente a pensare che la parte centrale sia staccata e su un livello superiore rispetto al resto
Pallini fantasma?
Quelli grigi, all’intersezione delle strisce bianche. Quest’illusione è storica e si chiama griglia di Hermann (Wikimedia Commons)
Griglia scintillante
Si chiama proprio così quest’illusione ottica, simile alla precedente. Ma qui i pallini lampeggiano in continuazione
Qualcosa viaggia sulle linee del fiore
Ma anche no (A. Kataoka)
Rigonfiamenti
Escono quasi come bolle dallo schermo
Rosso ingannevole
Il rosso di destra e quello di sinistra sono identici. Parola di effetto Bezov (Wikimedia Commons)
Sì, è un quadrato
L’avresti mai detto?
Soli o riflettori
Sembrano davvero illuminarsi a ogni sguardo (A. Kitaoka)
Sono identiche
Anche se la sagoma sotto appare più lunga. Si chiama illusione di Jastrow (Wikimedia Commons)
Sono parallele?
Le linee grigie orizzontali, intendiamo. Che tu ci creda o no, la risposta è sì e ce lo spiega la Café wall illusion (Wikimedia Commons)
Spirale?
Solo nel nome, che è spirale di Fraser. In verità, si tratta di una serie di cerchi concentrici. Toccali pure col dito, se non ti fidi (Wikimedia Commons)
Anelli rotanti
Sembra proprio che girino in senso opposto
Tremarella
I nostri occhi continuano a vedere nella figura continui scatti, che però sono solamente illusori. In realtà è tutto fermo
Trova i tratti paralleli
Non ce ne sono? Qui la soluzione (Wikimedia Commons)
Tutte le zampe dell’elefante
Contale, se ci riesci… (Wikimedia Commons)
Viene verso di te
E sembra dilatarsi all’infinito
01/38
Eppur si muove
Ovunque tu guardi, fermare l’immagine è davvero impossibile, nonostante sia in realtà statica (via Buzzfeed)
Sostanzialmente quel che vediamo, racconta il ricercatore, non è altro che un insieme di stimoli visivi che raggiungono la retina. Di per sé non è questo a fare un oggetto, ma la sua elaborazione successiva da parte del sistema visivo, a livello superiore. Questo presumibilmente lavora così: un pattern luminoso, proveniente da qualsiasi oggetto, viene paragonato a modelli esistenti per verificarne o meno la corrispondenza, così da permetterci di abbinare lo stimolo a un’immagine e infine a un nome. Così funzionerebbe il processo di identificazione e categorizzazione degli oggetti. Lo stesso, spiega Voss, che permette di parlare di una tazza ogni qualvolta siamo di fronte a l’immagine di un cilindro con un’ansa laterale.
L’idea in altre parole è che l’esperienza costruisca un insieme dimodelli e che quindi i nuovi stimoli sensoriali tentino di abbinarsi a quelli pre-esistenti. Un tentativo quasi di semplificare quel che vediamo riconducendolo a ciò che già conosciamo. Ecco perché, continua il ricercatore, anche l’esperienza pregressa è fondamentale nell’essere più o meno suscettibili alla pareidolia. Se, per esempio, qualcuno ha visto molte immagini sacre nel corso della sua vita, questo modello diventa molto forte ed è più probabile così che in forme del tutto casuali rintracci l’immagine della Madonna. Un processo in cui quindi prendono probabilmente parte anche le attese di chi guarda. In tal caso poi va considerato che il modello facciale è particolarmente forte: siamo predisposti a riconoscere facilmente i tratti di un volto.
Si, ma perché, potremmo ancora chiederci? Un’ipotesi è che abbiamo evoluto questa abilità di identificare volti (e cose) a partire da pochi tratti per riconoscere facilmente facce eoggettiamici da facce e oggetti nemici, riuscendo così in breve tempo a capire se ci si trovi o meno in una situazione di pericolo.