Neanderthal e Sapiens, la prova di un “incrocio”?
Una questione controversa, sulla quale non esiste ancora unanimità nel mondo scientifico, portata nuovamente in luce da uno studio condotto su un frammento rinvenuto in Italia negli anni ’50.
Da qualche anno a questa parte l’ipotesi è diventata oggetto di dibattito, con relativa alternanza di conferme e smentite: è possibile sostenere con certezza e senza ombra di perplessità che i destini di sapiens e neanderthal siano finiti per incrociarsi e saldarsi strettamente gli uni con gli altri, lasciando tracce di tale fenomeno nel patrimonio genetico che ancora portiamo dentro di noi? O forse questa supposizione non poggia su elementi concreti? Come è facile prevedere, essendo il tema tanto lontano nel tempo ed essendo il nodo particolarmente complesso da sciogliere, la ricerca in questo senso è l’unica in grado di fornire risposte adeguate, anche se con i tempi legittimi che richiede.
Un recente studio sull’argomento, a firma quasi interamente italiana, riprende in mano il discorso in seguito alle indagini condotte su alcuni reperti conservati nel Museo di Storia Naturale di Verona: quel che resta di una mandibola rinvenuta a Riparo Mezzena, presso i Monti Lessini, e risalente al medio paleolitico, per la precisione ad un arco di tempo collocato all’incirca tra 40 000 e 30 000 anni fa. Venuta alla luce nel 1957 e solo recentemente sottoposta ad analisi che stanno aiutando a sviscerare tutti i segreti che è in grado di raccontare, la mandibola ha già fornito la prova ai ricercatori, tramite indagini sul DNA, che l’uomo a cui appartenne doveva avere i capelli rossi e la pelle molto chiara.
Esami del DNA mitocondriale, condotti non soltanto sulla mandibola ma anche su altri frammenti craniali ritrovati all’altezza del medesimo livello stratigrafico nello stesso sito di Riparo Mezzena, hanno inoltre già portato all’identificazione dell’unico tipo genetico di Neanderthal che visse sul territorio dell’Italia. Il nuovo lavoro, invece, partendo dai medesimi reperti, puntava ad identificare eventuali convergenze fisiche tra i nostri progenitori e quei “cugini misteriosi” che ancora fanno tanto discutere. Proprio il mento era una delle caratteristiche molto evidenti che differenziava Sapiens e Neanderthal: sfuggente in questi ultimi, assai più marcato nei primi, nel fossile si presenta con le peculiarità tipiche del neanderthal classico ma inizia già ad accennarsi e delinearsi. La testimonianza fisica di un “incrocio” avvenuto nella tarda età del Neanderthal? Una prova ulteriore che andrebbe a suffragare quelle, secondo molti scienziati già incontrovertibili, che provengono dal sequenziamento del genoma?
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