Divieto smartphone scuole superiori: le ricerche OCSE e OMS che hanno sconvolto l’Italia

Divieto smartphone scuole superiori: studenti e insegnanti in aula con dispositivi vietati

L’Italia ha finalmente osato: ha deciso di bannare i dispositivi dalle aule, estendendo il divieto smartphone scuole superiori. La circolare ministeriale, firmata da Giuseppe Valditara, è un colpo di scena che arriva dopo anni di battaglie e allarmi internazionali. Studi come quelli dell’OCSE e dell’OMS hanno evidenziato un legame allarmante tra l’iperuso dei social media e il calo del rendimento scolastico, oltre a problemi gravi come ansia e depressione tra i giovani. Con il 44% degli studenti italiani attivi su Instagram o TikTok (e il 11% che ne è dipendente), il ministero ha scelto una strada drastica: vietare gli smartphone durante le lezioni. Non è un’invenzione italiana: in Australia, ai minori di 16 anni è addirittura proibito aprire un account su Meta o X, mentre in Francia si sperimentano aule “libere da schermi”. Questo articolo spiega perché questa proibizione è necessaria, cosa dicono le ricerche scientifiche, e quali soluzioni sono già in atto in Europa.

La scelta che ha sconvolto le aule italiane  

La decisione di vietare i cellulari alle scuole superiori è stata accolta con entusiasmo da alcuni e con scetticismo da altri, ma è indubbio che sia nata da dati concreti. Il ministero, dopo anni di studi, ha capito che il problema non è solo distrarsi durante una lezione di matematica, ma un rischio reale per lo sviluppo psicologico e cognitivo dei giovani. La circolare, che entra in vigore a settembre, prevede sanzioni per chi viola il divieto, ma è soprattutto un richiamo alle scuole: è necessario ripensare l’educazione digitale.

L’OCSE, organizzazione che monitora l’istruzione in 38 Paesi, ha dato l’allarme: negli ultimi 15 anni, il calo del 3% nel rendimento scolastico non è solo colpa della pandemia, ma anche dell’abitudine degli studenti a consultare i social durante le lezioni. “I ragazzi sono ossessionati dal controllo costante dei messaggi, e questo distrugge la capacità di pensare in modo critico”, spiegano gli studiosi. Ma i rischi non sono solo accademici: l’esposizione a contenuti violenti oa filtri che deformano l’immagine del corpo ha creato una generazione in ansia, come rileva l’OMS.

Prendiamo il caso dei 13 anni: a quest’età, il 11% degli studenti italiani è già vittima di un uso “problematico” dei dispositivi. Non si tratta solo di distrazioni, ma di ragazzi che trascorrono ore su chat, a costo di dimenticare compiti o persino di non dormire. In Australia, per fermare questa spirale, è stato vietato ai minori di 16 anni l’accesso ai social. In Francia, 200 scuole hanno già sperimentato il divieto totale dei cellulari, con risultati sorprendenti: gli studenti sono più concentrati ei casi di cyberbullismo sono crollati.

Studio OCSE: perché gli smartphone sono diventati un nemico della scuola  

Gli studi OCSE sono lapidari: i cellulari in aula sono un’arma a doppio taglio. Se usati con intelligenza, possono aiutare, ma se abusati, diventano una minaccia. La ricerca ha identificato tre problemi cruciali:

  • La distrazione che non passa mai: Un messaggio, un like, un video: gli studenti saltano tra attività come se fossero in un videogioco. Il risultato? Imparano meno e si stancano più in fretta.
  • La mente che non si esercita: Se tutto si trova su Google in due secondi, perché sforzarsi di studiare? I giovani non sviluppano più la capacità di ragionare autonomamente o di memorizzare.
  • Il multitasking che non esiste: “Posso fare lezione e guardare TikTok allo stesso tempo!”: è un mito. Lo studio dimostra che alternare attività fa perdere il 20% di qualità nello studio.

L’OCSE consiglia di ridurre al minimo l’uso dei dispositivi in ​​aula. Per esempio, durante una lezione di scienze, un tablet può servire a guardare un video educativo… ma non a chiacchierare con i compagni. Inoltre, suggerisce di integrare l’educazione digitale: insegnare ai ragazzi a filtrare i contenuti e a bilanciare il tempo online/offline.

Salute mentale e dipendenza dai social: l’emergenza che non si vede 

Mentre si parla di voti e concentrazione, c’è un pericolo più invisibile ma altrettanto grave: la salute mentale. L’OMS ha svelato dati allarmanti: il 32% degli studenti italiani usa i social per più di tre ore al giorno, e il 11% ha sintomi di dipendenza che ricordano quelli delle droghe. Non è solo una questione di tempo: il tipo di contenuti consumati è decisivo.

Pensa a una ragazza di 14 anni che vede centinaia di immagini con corpi “perfetti”: “Perché non sono come loro?” diventa una domanda che la tormenta. Oppure un ragazzo che subisce insulti in chat: la sua autostima crolla in poche settimane. E poi c’è il sonno. Lo schermo emette una luce blu che blocca la produzione di melatonina, l’ormone del sonno. Un adolescente che guarda il cellulare fino a mezzanotte non dorme abbastanza, e il giorno dopo non riesce a concentrarsi.

L’OMS propone soluzioni radicali: in Australia, le piattaforme devono verificare l’età automaticamente. In Italia, il divieto scolastico è solo l’inizio. Il ministero sta creando programmi per insegnanti e genitori, come workshop dove si spiega come dialogare con i figli sui social media. “Non è solo vietare: è dare strumenti per usare la tecnologia con intelligenza”, commenta un esperto.

Le leggi mondiali che hanno sorpreso il mondo  

L’Italia non è l’unica a combattere la dipendenza digitale. In Australia, una legge del 2024 è diventata iconica: ai minori di 16 anni è vietato aprire un account su Instagram o TikTok. Le piattaforme che non rispettano la norma rischiano multe milionarie . “Non è una censura, ma una protezione”, spiegano i legislatori australiani. La collaborazione con l’OMS è stata fondamentale: i dati sugli studenti italiani hanno ispirato questa misura.

Anche in Europa si stanno muovendo. In Francia, 200 scuole medie hanno sperimentato il totale dei cellulari: il risultato? I ragazzi sono più attenti ei casi di bullismo online sono diminuiti del 15%. In Svezia, invece, il divieto è stato esteso alle scuole elementari, perché “l’educazione ai sociali deve iniziare in età prescolare”, spiegano gli esperti. La Spagna e la Repubblica Ceca hanno optato per un approccio regionale: alcune aree vietate hanno i dispositivi, altre li limitano a determinati ore.

Ma non si tratta solo di regole. In Svezia, gli studenti che partecipano a giochi di ruolo dove imparano a riconoscere i “filtri pericolosi” sui social. In Australia, i genitori ricevono un’app per monitorare il tempo online dei figli. “La tecnologia è un’arma: dipende da noi usare la museruola o insegnare a cavalcarla”, sintetizza un pedagogista.

Conclusione:

Il divieto smartphone scuole superiori è un passo coraggioso, ma non è sufficiente. Studi come quelli dell’OCSE e dell’OMS dimostrano che ridurre l’uso eccessivo dei dispositivi in ​​aula aiuta, ma è necessario fare di più: educare i giovani a usare i social con consapevolezza, aiutare i genitori a gestire il tempo online e sostenere gli insegnanti con formazione specifica. Guardando l’Australia o la Francia, capiamo che è possibile: basta avere la volontà di cambiare e il coraggio di ascoltare le ricerche scientifiche.

Redazione

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