Google AI e crisi del traffico: come gli strumenti di intelligenza artificiale stanno soffocando i siti di notizie

Immagine di anteprima dell'articolo 'Google AI e crisi del traffico: come gli strumenti di intelligenza artificiale stanno soffocando i siti di notizie', con un grafico che mostra la diminuzione del traffico web legata all'evoluzione dell'IA di Google.

Google, sovrana dei motori di ricerca, sta rivoluzionando il proprio ruolo – e i siti di notizie ne pagano il prezzo. Google AI e la crisi del traffico dei siti di notizie :gli strumenti AI di Google , come gli AI Overviews e la AI Mode, stanno offrendo risposte veloci e sintetiche, ma lasciano dietro di sé una scia di danni per i siti di notizie. HuffPost e Washington Post hanno visto il traffico organico dimezzarsi negli ultimi tre anni, mentre il New York Times registra una riduzione del 17,5% della percentuale di visitatori da ricerca. La vera bomba? Google preferisce adesso fornire riassunti e chatbot direttamente negli elenchi dei risultati, spostando gli utenti lontano dai siti originali. Non è una semplice strategia: è un colpo basso che costringe le testate a rinnovarsi o chiudere i battenti. L’era post-ricerca è qui, e l’editoria si trova in bilico tra innovazione e sopravvivenza.

L’evoluzione dell’IA di Google e la minaccia per il settore editoriale

Google non è più solo un intermediario: è diventato un narratore che ruba le storie ai giornalisti. Il passaggio dagli elenchi di link a risposte sintetiche non è un esperimento, ma una strategia letale. Gli AI Overviews , quei riassunti in cima alle pagine di ricerca, sono un muro tra i lettori e i siti che producevano il contenuto. HuffPost ha visto il traffico crollare del 50% tra il 2022 e il 2025; il Washington Post ha subito la stessa sorte, mentre il Business Insider, per fronteggiare “un esodo di utenti che non torna più”, ha annunciato tagli del 21% del personale, come ha dichiarato la CEO Barbara Peng.

Dietro le quintane, Google usa l’IA generativa per “curare” i risultati, saltando le fonti originali. Cercate “come prevenire la grippe”? Google vi darà una sintesi di consigli medici, ma non vi manderà su WebMD o Mayo Clinic. La AI Mode , ora attiva negli Stati Uniti, fa di più: trasforma la ricerca in una conversazione con un chatbot, che risponde usando frammenti di centinaia di articoli. “Questa è una minaccia seria per il giornalismo”, ha ammonito Nicholas Thompson, CEO di The Atlantic , “e la fine del traffico da Google non è un’ipotesi, ma una profezia”.

Anche i giganti non sono al sicuro. Il New York Times, pur tenendo il 36,5% del traffico organico (contro il 44% del 2022), sta rivedendo i piani commerciali. Il Wall Street Journal, che registra un aumento assoluto dei visitatori, vede la percentuale di utenti da ricerca passare dal 29% al 24%. Il messaggio è chiaro: Google sta sottraendo l’attenzione ai siti, non solo i clic. L’IA di Google non è un aggiornamento tecnologico, ma una rivoluzione che ridefinisce il valore del giornalismo.

Come gli AI Overviews riducono i clic sui siti web

Immaginate di cercare “guide turistiche per Parigi”: Google vi offre un riassunto con i migliori quartieri, musei e ristoranti. Magari è frutto del lavoro del New York Times? Non lo saprete mai, perché il link non c’è. Gli AI Overviews funzionano come un filtro che cancella la fonte, offrendo il succo dell’informazione ma non il bicchiere. In settori come le recensioni di prodotti, il danno è ancora più visibile. Una ricerca su “lavatrici migliori” vi darà un confronto tra marchi, ma Google non vi manderà su CNET o TechRadar – i siti che hanno prodotto i dati.

La AI Mode spinge oltre i limiti: è come avere un assistente virtuale che vi risponde in tempo reale, integrando informazioni da decine di fonti. Chiedete “come alleviare il raffreddore”, e Google vi darà consigli sintetizzati, ma niente link ai siti medici. Il risultato? I giornalisti perdono non solo utenti, ma anche la possibilità di guadagnare tramite pubblicità e affiliate. “È come se i nostri articoli diventassero ingredienti per un piatto che non pagano”, spiega un editor di un sito di viaggi.

E la crisi non si ferma qui: senza il flusso di utenti, le testate sono costrette a licenziamenti, riduzioni di staff e scommesse disperate su nuovi modelli. La domanda è chiuderà il cerchio: chi finanzierà il giornalismo se i motori di ricerca lo distribuiscono gratis?

Reazioni del settore editoriale: strategie per sostenere la crisi

Di fronte a questa minaccia, le testate stanno reagendo come navi in mezzo a un uragano: esplorano nuove rotte per non affondare. Il filo conduttore è chiaro: non fidarsi più di Google . Il Washington Post, per esempio, sta rinnovando l’app con contenuti esclusivi e guide interattive, come se dicesse: “Per leggere di più, venite da noi direttamente”. The Atlantic ha ripreso a stampare riviste cartacee e organizzare eventi live, tornando a un modello che ricorda i vecchi tempi del giornalismo.

Neil Vogel di Dotdash Meredith descrive la strategia come una risposta drastica: “Google è passato da partner a concorrente. Se prima eravamo il 60% del nostro traffico, oggi siamo al 33% – ma grazie alle newsletter e ai servizi come MyRecipes, stiamo crescendo dove Google non ci raggiunge”.

Il New York Times ha scelto un doppio percorso tra battaglie legali e accordi commerciali. Ha citato OpenAI in tribunale per copyright, ma ha anche firmato un patto con Amazon per integrare i propri contenuti negli strumenti AI della piattaforma. “È come ballare con il diavolo”, commenta un osservatore, “ma almeno si guadagna qualcosa”. Anche il Wall Street Journal, grazie a un mix di abbonamenti premium e fiducia costruita con gli utenti, mantiene la crescita assoluta del traffico, pur perdendo quota relativa.

Ma non tutto è guerra e accordi. Alcune testate stanno ripensando il linguaggio del pubblico: conferenze, podcast gratuiti e community online stanno diventando le nuove strade per attirare lettori. “La chiave è farli tornare per necessità, non per caso”, sintetizza Sherry Weiss del WSJ.

La lotta legale tra editori e aziende di IA

Il copyright è al cuore della guerra. Le case editoriali accusano Google e OpenAI di utilizzare i contenuti dei giornalisti per addestrare i propri modelli AI senza autorizzazione, minando il lavoro dei reporter. Il New York Times, per esempio, ha denunciato Microsoft e OpenAI per aver usato i propri articoli per generare risposte sintetiche senza permesso. “I nostri reporter non sono fonti gratuite”, ha affermato il legale della testata.

Ma non è solo una questione di conflitto. Alcune testate stanno scommettendo sulla collaborazione. Il NYT e Amazon hanno firmato un accordo di licenza : i contenuti del giornale potranno essere usati dagli strumenti AI di Amazon in cambio di compensazione. “È un accordo a costo elevato, ma necessario”, spiega un dirigente.

Il dilemma è chiaro: combattere o collaborare? Mentre alcuni si barricano in tribunale, altri cercano di trarre profitto da un sistema che li minaccia. News Corp, casa del Wall Street Journal, ha firmato un accordo con OpenAI ma ha citato Perplexity per l’uso non autorizzato dei propri articoli. “Stiamo camminando sul filo tra sopravvivenza e principi”, dice uno dei legali.

Come sintetizza William Lewis del Washington Post, questa transizione è “una battaglia per il futuro della democrazia informata”. Senza un equilibrio tra innovazione e rispetto dei diritti, il giornalismo rischia di diventare un’ombra di sé stesso.

Conclusione
Google sta reinventando la ricerca, ma il prezzo per l’editoria è alto: un modello economico in crisi, un pubblico che scorre via e un futuro in bilico. Le testate reagiscono come possono – con abbonamenti , app esclusive, battaglie legali – ma la domanda rimane: saranno sufficienti? Mentre i motori di ricerca diventano intermediari sempre più potenti, il giornalismo si trova a dover lottare non solo per sopravvivere, ma per conservare il proprio valore. L’era post-ricerca è iniziata, e il futuro è in bilico.

Redazione

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