I primi segnali del riscaldamento globale già nel 1885: lo conferma uno studio moderno

Grafico che illustra i primi segnali del riscaldamento globale osservabili già nel 1885 secondo modelli climatici moderni.

Che l’uomo abbia iniziato a influenzare il clima molto prima del Novecento potrebbe sembrare sorprendente, ma esistono prove concrete. I primi segnali del riscaldamento globale risalgono al 1885, secondo uno studio pubblicato su PNAS. All’epoca non esistevano strumenti in grado di rilevare variazioni atmosferiche su larga scala. Solo oggi, grazie a sofisticati modelli climatici e all’uso delle osservazioni satellitari, possiamo reinterpretare il passato. Ed è proprio da quella rilettura che emerge un fatto cruciale: già all’alba della Rivoluzione Industriale, le emissioni di carbone stavano modificando l’equilibrio climatico. Questo studio valorizza il lavoro pionieristico di Eunice Foote e John Tyndall e sottolinea l’importanza vitale dell’investimento nella ricerca climatica.

Quando sono emersi i segnali del riscaldamento causato dall’uomo?

Uno studio pubblicato su PNAS pone una domanda provocatoria: se nel XIX secolo avessimo avuto la tecnologia attuale, quando ci saremmo accorti dell’influenza umana sul clima? La risposta è sorprendente: già nel 1885 si sarebbero potuti osservare cambiamenti atmosferici significativi. In soli 25 anni dalle prime forti emissioni legate all’industrializzazione, il pianeta mostrava segni evidenti di alterazione.

I climatologi Benjamin Santer e Susan Solomon del MIT hanno ricostruito le condizioni atmosferiche dal 1860 usando nove modelli climatici all’avanguardia. I risultati sono chiari: la troposfera iniziava a riscaldarsi, mentre la stratosfera, situata a oltre 7 chilometri d’altitudine, si raffreddava. Due dinamiche opposte che rappresentano un segnale inequivocabile dell’effetto serra antropico.

Oggi, i satelliti della NOAA permettono un monitoraggio costante, ma anche allora la tecnologia moderna avrebbe reso tutto già visibile. Le concentrazioni di CO₂ erano molto più basse rispetto agli attuali 430 ppm, ma sufficienti a generare instabilità climatica.

Non è solo una scoperta scientifica, è una conferma storica. Il legame tra combustibili fossili e cambiamenti atmosferici esisteva da subito. Il problema era l’incapacità di riconoscerlo. Perché dunque ci abbiamo messo così tanto a capirlo?

In un’epoca in cui i tagli alla scienza mettono a rischio la conoscenza, questo studio dimostra quanto sia fondamentale continuare a investire in dati e analisi climatiche, oggi più che mai.

Stratosfera e segnali climatici: l’indicatore più chiaro

Tra i vari sintomi del cambiamento climatico, il raffreddamento della stratosfera è tra i più significativi. Mentre i gas serra bloccano il calore nella parte bassa dell’atmosfera, gli strati superiori si raffreddano per mancanza di radiazione infrarossa.

Questo fenomeno – caldo in basso, freddo in alto – è ritenuto uno degli indizi più affidabili dell’alterazione del sistema climatico terrestre. È meno soggetto alle fluttuazioni giornaliere e, quindi, più utile per comprendere tendenze a lungo termine.

Lo studio ha simulato la situazione atmosferica partendo dal 1860. Risultato? Già nel 1885 si sarebbe potuto osservare un calo anomalo delle temperature nella stratosfera. Un cambiamento evidente che richiedeva solo 25 anni per manifestarsi: un tempo brevissimo nella scala del clima.

Oggi le osservazioni satellitari confermano quanto previsto dai modelli. Ma già allora la stratosfera lanciava segnali. Nessuno, però, era in grado di ascoltarli.

Capire l’impatto umano sul clima prima del Novecento cambia tutto

Sapere che l’azione dell’uomo sul clima ha radici nel secolo XIX cambia la narrazione. Non si tratta più di un problema moderno, ma di una responsabilità accumulata in oltre un secolo. Le emissioni da carbone e petrolio non hanno solo alimentato lo sviluppo: hanno inciso in profondità sull’equilibrio atmosferico.

Questa consapevolezza mette in discussione l’idea che la crisi ambientale sia recente. Le emissioni industriali, sin da subito, hanno influito sul sistema climatico. Per anni, però, nessuno ha colto la gravità della situazione. La vera rivoluzione oggi è poter usare i modelli climatici per leggere il passato, rafforzando così le proiezioni future.

E poi c’è il tema della responsabilità. Se già allora i segnali erano presenti, anche se invisibili, è evidente che oggi non possiamo più ignorarli. Il tempo perduto può ancora diventare consapevolezza. Ma occorre agire. E in fretta.

I dati non mancano. Le soluzioni esistono. La volontà è tutto ciò che serve.

Cultura scientifica e memoria climatica: due strumenti fondamentali

Immaginiamo per un attimo un mondo in cui, già nel 1900, si parlava apertamente di cambiamenti atmosferici. Se i governi avessero preso coscienza dell’influenza delle emissioni industriali, la storia avrebbe potuto seguire un altro corso.

Magari i combustibili fossili sarebbero stati sostituiti prima. Forse oggi parleremmo di riscaldamento globale solo nei libri di scuola. Per questo è fondamentale promuovere educazione scientifica e ricerca, e rafforzare le istituzioni che producono conoscenza, come il MIT, la NOAA e i centri meteorologici internazionali.

Oggi sappiamo che ogni grado in meno conta. Ogni decennio in più guadagnato rappresenta una possibilità per il futuro.

Conclusione

La scoperta dei primi segnali dell’aumento delle temperature globali nel 1885 ci mostra che la consapevolezza poteva arrivare prima. Ciò che mancava non erano solo i dati, ma la fiducia nella scienza.

Ora, però, i dati li abbiamo. I modelli pure. Abbiamo anche l’esperienza. Ci manca solo una cosa: la determinazione a cambiare.

Ogni giorno in cui scegliamo di ignorare i segnali è un giorno perso. Il futuro ci chiede di ascoltare ciò che il passato ci ha già detto.

Redazione

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