Lo studio “Tiger sharks support the characterization of the world’s largest seagrass ecosystem”, pubblicato recentemente su Nature Communications da un team internazionale di scienziati guidato da Austin Gallagher di Beneath The Waves, presenta quella che i ricercatori presentano come «La nostra scoperta del decennio». Infatti, gli squali tigre (Galeocerdo cuvier) hanno condotto il team alla più grande ecosistema di prateria marina del mondo: quello delle Bahama Banks. Una scoperta rivelata alla vigliia della COP27 Unfccc in corso in Egitto e che «Dà un barlume di ottimismo oceanico nella lotta contro il cambiamento climatico». I biologi marini di Beneath The Waves stavano seguendo i movimenti e analizzando i comportamenti degli squali tigre alle Bahamas quando questi predatori li hanno portato al più grande habitat di fanerogame del mondo finora sconosciuto, che si estende su 92.000 km2 e che quindi rappresenta una delle risorse di mitigazione climatica più importanti del nostro pianeta.
Vista la difficoltà a distinguere le fanerogame (piante marine alle quali appartiene anche la Posidonia oceanica endemica del Mediterraneo) dalle alghe e dal fitoplancton con le immagini satellitari e che individuarne le dimensioni con i subacquei è lento e pericoloso, i ricercatori hanno pensato di catturare 7 squali tigre e di dotarli di telecamere attaccate alla pinna dorsale, ma sono rimasti molto sorpresi quando gli squali li hanno portati in una prateria sottomarina fino ad allora sconosciuta che si è rivelata essere la più grande del mondo, molto di più dei 2.250 km2 stimati in precedenza con i metodi tradizionali.
Ma perché i ricercatori hanno utilizzato gli squali tigre? «Perché trascorrono molto tempo nelle praterie di i prati di fanerogame dove si nutrono di cose come tartarughe e dugonghi», rispondono gli scienziati. Gallagher spiega ancora: «Mettere telecamere sugli animali per scopi scientifici non è necessariamente una novità, ma utilizzare questo approccio per mappare i fondali marini è un concetto relativamente nuovo. E’ qualcosa che stiamo dimensionando ad altre aree. Penso che sia onestamente l’unico modo per ispezionare correttamente il fondale marino in vaste e remote regioni oceaniche poco profonde».
Secondo Gallagher, «Quello che questa scoperta ci dimostra è che l’esplorazione e la ricerca dell’oceano sono essenziali per un futuro sano. Il potenziale non sfruttato dell’oceano è senza limiti. Inoltre, questa scoperta sottolinea il ruolo che la scienza può svolgere nello sviluppo di comunità resilienti. E sapevamo che con una scoperta di questa portata, avremmo dovuto far partecipare i migliori narratori del mondo: SeaLegacy».
E gli autori dello studio fanno notare che «L’oceano e il nostro pianeta sono popolati da specie interconnesse di piante e animali che lavorano insieme per creare equilibrio ambientale. Gli squali tigre e le fanerogame sono due specie molto importanti che ci aiuteranno a capire meglio e a rispondere al cambiamento climatico. Chi l’avrebbe mai detto?»
Ne sono convinti anche a SeaLegacy che raccontano come è avvenuta questa inaspettata scoperta della più grande prateria sottomartina del pianeta: «I nostri amici di Beneath The WavesInc, guidati da Austin Gallagher, hanno formato un’alleanza inaspettata con gli squali tigre per aiutare a misurare l’estensione e la distribuzione del più grande ecosistema marino del pianeta. Anni di ricerche hanno rivelato un’area fino a 92.000 chilometri quadrati di piante marine si estende attraverso le Bahamas. Le praterie marine sane sono note per la loro straordinaria capacità di assorbire e immagazzinare grandi quantità di carbonio, aiutando a mitigare gli effetti del riscaldamento globale. Sostengono anche la salute di innumerevoli specie in un complesso equilibrio di vita sorvegliato dai migliori predatori, compresi gli squali tigre».
Gallagher aggiunge che «Gli squali aiutano a tenere sotto controllo gli animali come le tartarughe marine che foraggiano sulle fanerogame e, a loro volta, le tartarughe mantengono sani e produttive le praterie con il un pascolo normale. Conoscere l’areale delle praterie marine aiuta gli scienziati a monitorare questi habitat critici e a stabilire protezioni più robuste per pozzi di carbonio nell’oceano potenzialmente vulnerabili. Questo è il motivo per cui è così fondamentale rilevare e mappare accuratamente le praterie di piante sottomarine».
Gran parte del nostro pianeta blu e la sua capacità di aiutare ad affrontare le sfide globali sono ancora in buona parte un mistero. Ma grazie agli scienziati e a incredibili alleati come gli squali tigre, stiamo scoprendo davvero come l’oceano potrebbe essere la soluzione più forte per l’emergenza climatica. «Proteggere il pianeta e abbattere il carbonio significa proteggere gli ecosistemi nel loro insieme, inclusi letti di mare, tartarughe e squali», dicono a SeaLegacy.
La scoperta è avvenuta nel mare di un picciolo Stato insulare come le Bahamas che sono in prima fila sull’emergenza climatica: affrontano gigantesche tempeste, l’innalzamento del livello del mare e la perdita di specie. Ma con questa scoperta le Bahamas diventano uno degli hotspots dell’utilizzo degli ecosistemi oceanici e blue carbon come soluzioni alla crisi climatica. La scoperta di questa enorme prateria sottomarina rappresenta un raggio di speranza nel bel mezzo di un’escalation della crisi climatica e della sesta estinzione di massa e rappresenta una straordinaria opportunità per costruire resilienza all’interno di un pianeta che cambia». SeaLegacy evidenzia che «Questa scoperta sottolinea anche l’importanza dell’esplorazione scientifica durante questo #OceanDecade, e dà speranza per molte altre soluzioni e scoperte oceaniche in futuro. Siamo così entusiasti di sostenere il lavoro di Beneath The WavesInc e The Bahamas, mentre continuano a difendere gli habitat della marea e intraprendere ricerche vitali sull’oceano».
Sebbene l’utilizzo degli squali per valutare le fanerogame marine sia un approccio nuovo, non è la prima volta che gli animali aiutano gli scienziati a scoprire le praterie sottomarine: l’australiano Michael Rasheed, a capo del Seagrass Ecology Lab della James Cook University, ha detto all’ Australian Broadcasting Corporation (ABC) che che «Ci sono alcune storie davvero interessanti di tartarughe verdi taggate che si presentano in luoghi nei quali la gente pensa: “Perché sono là in giro?”. E quando le persone sono andate a dare un’occhiata, hanno trovato queste magnifiche praterie di fanerogame nel mezzo dell’Oceano Indiano».
Rasheed, che non ha partecipato al nuovo studio pubblicato su Nature Communications ha detto di non essere sicuro che la prateria sottomarina delle Bahamas Banks sia davvero la più grande del mondo, «Perché dipenderebbe dai suoi parametri, ma è certamente un’area di fanerogame di importanza globale. Nel solo Stretto di Torres abbiamo quasi 13.000 km2 e si possono aggiungere al Queensland settentrionale e alle praterie della Grande Barriera Corallina, che ammontano a circa 35.000 km2, perché si uniscono tutte. Ma [le Bahamas] sono certamente un grande sistema di fanerogame marine».
Gallagher ha però ricordato che «A livello globale, stiamo perdendo fino al 7% all’anno delle nostre fanerogame marine». Ma non siamo nemmeno sicuri dell’intera estensione delle fanerogame marine del mondo: le stime vanno da poco più di 160.000 km2 (ora oltre 215.000 grazie a questo studio), fino a 1,6 milioni di km2, sulla base delle stime del telerilevamento. Se non sappiamo cosa abbiamo, è molto difficile trovare il modo migliore per proteggerlo. Secondo la ricerca odierna, le dimensioni della prateria sottomarina delle Bahamas significano che stoccherebbe tra il 19 e il 26% del blue carbon sepolto nelle fanerogame a livello globale e Gallagher conclude; «Data la crisi climatica e della biodiversità, è necessaria una maggiore protezione per questi habitat. L’estensione documentata delle praterie di fanerogame rimane poco conosciuta. Quindi, data la miriade di benefici che forniscono agli esseri umani e per la nostra stessa sopravvivenza, c’è una chiara necessità di farne la mappatura scientifica per documentare rapidamente queste aree e quindi proteggerle».